Il font è la quotidianità. Breve storia sull’evoluzione della libertà creativa.

Con la diffusione del personal computer, la libreria font è oggi un “oggetto” quotidiano come un guardaroba e i suoi abiti. La scelta del carattere dal menu a tendina di un qualsiasi editor di testo è un’attività che ormai viene  data per scontata: in verità è determinante per veicolare il messaggio che vogliamo trasmettere.
Ma quando abbiamo veramente iniziato ad interessarci ai font? Quando “lettere” e “caratteri” sono diventati vocaboli quotidiani durante l’utilizzo di dispositivi informatici?

Fino al 1984  la scelta dei carattere  era un’attività specialistica e costosa, il computer era uno strumento rudimentale, l’offerta si limitava ad un solo tipo di carattere e l’unica chance di differenziazione era il corsivo.
Fu  grazie ad uno studente del Reed College di Portland, fortemente influenzato da un corso di calligrafia, che la rivoluzione ebbe inizio. Lo studente in questione era Steve Jobs e la particolarità inedita che contraddistinse il suo primo Macintosh sembrò provenire da un altro mondo: dal quel momento furono disponibili interi alfabeti che si sforzavano di ricreare qualcosa a cui eravamo abituati nel mondo reale.
Grazie al corso di calligrafia, Jobs capì quanto la forma dei caratteri, la variazione tra gli spazi e la loro forma possano rendere grande la tipografia. I font, identificati fino a quel momento come semplici disegni di lettere, vennero riconosciuti per quello che erano: veicolo di emozioni dalla grande capacità persuasiva e comunicativa.

La storia degli ultimi 30 anni ha dato ragione a quell’intuizione: la possibilità di modificare autonomamente un carattere segnò una svolta verso l’espressività creativa ed un atteggiamento più naturale e giocoso delle parole. Il carattere coincide con il messaggio, emoziona e sorprende non solo i tecnici ad esso interessati ma anche gli ignari che non credevano di esserlo: il grande pubblico.

Sotto alcuni esempi di font da utilizzare almeno una volta nella vita:

Proxima nova: nasce dalla combinazione tra Futura e Akzidenz Grotesk. Il risultato combina le moderne  proporzioni con un’apparenza geometrica. La leggibilità del font (ereditata dal Akzidenz Grotesk) e la sua versatilità  (ereditata invece dal Futura, nato durante il periodo costruttivista del Bauhaus) l’hanno reso uno dei font più popolari nel web. Il tratto solido e duraturo catturano l’attenzione e conferisce plasticità al messaggio.

FF Din:  Nato a S. Francisco nel 1994 come rielaborazione del DIN, conserva il tratto tecnico primitivo e leggibile, tipico dei cartelli stradali tedeschi ma differisce per le curve più fluenti. La pulizia, l’efficacia nella leggibilità e il suo equilibrio l’hanno portato ad essere un vero e proprio fenomeno, attraendo la tipografica aziendale e le istituzioni culturali.

LTC Bodoni: il contrasto marcato tra i tratti, ora calcati e ora molto sottili, segna un’evoluzione nella storia della tipografia, le lettere si distaccano dal tipico tratto calligrafico per diventare forma autonoma. Sono i font moderni, eleganti e rarefatti ideali per esprimere il tratto distintivo dei libri di alto profilo e porta voci di una classe distante e spigolosa come il mondo Vogue.

Univers: è un carattere unico grazie alla forma semplice, funzionale e versatile, privo di qualsiasi  superflua peculiarità. Il font è stato creato nel 1954 da Frutiger, raggiunse la popolarità pochi anni dopo comparendo in una versione modificata nella Swiss International Air Lines  e nella Deutsche Bank.

Archer: è un carattere moderno dall’aspetto sobrio, ma con minuscoli dettagli che lo caricano di eleganza ed emotività. Le grazie sono impercettibili estensioni delle aste, le curve dei caratteri conferiscono fluidità e familiarità verso i lettori.
È un carattere ideale per le grandi dimensioni: nelle singole lettere emergono i piccoli dettagli che fanno di questo font una forma complessa, equilibrata e impalpabile.

 

20 aprile 2015 Mariangela De Marchi