Gli URL shortener sono servizi che consentono di comprimere URL lunghissime – anche superiori ai 100 caratteri – riducendoli ad un formato decisamente più contenuto che non supera quasi mai i 20 caratteri.
A partire dal 2002, quando Kevin Gilbertson lanciò TinyURL, gli URL shortener si sono evoluti fino a diventare ben più di un escamotage per risparmiare spazio e dare ai link un aspetto più gradevole.
Il loro funzionamento è molto semplice: ogni URL inserita viene associata ad una chiave univoca, che corrisponde in genere al codice alfanumerico che compare nella parte finale della URL compressa. Quest’ultima effettua poi una redirezione verso l’indirizzo originale.
Vi sono numerosi servizi di URL shortening, ma quelli maggiormente usati sono bit.ly – divenuto popolare proprio grazie a Twitter – e goo.gl, l’abbreviatore di casa Google, a cui si aggiunge T.co, URL shortener automatico di Twitter che non può però essere utilizzato come applicazione stand alone al di fuori del social network.
La comodità e i vantaggi degli URL shortener ne incoraggiano l’utilizzo massivo anche al di fuori di Twitter, ma va ricordato che ci sono alcune precauzioni da prendere se non si vogliono inficiare i dati raccolti in Google Analytics.
Infatti l’URL shortener, applicando di fatto una redirezione, inficia la possibilità di registrare la fonte di traffico originale. I dati sul referrer vengono persi e la visita viene registrata nella maggior parte dei casi come traffico diretto.
L’abbreviatore integrato di Twitter incorpora automaticamente i dati sul referral; in tutti gli altri casi chiediamoci innanzitutto se l’utilizzo dell’URL shortener è veramente necessario. Utilizzare la versione originale della URL, laddove non sussistano i problemi di lunghezza e complessità descritti in precedenza, è sempre preferibile ed assicura il mantenimento dei parametri di tracciamento senza operazioni aggiuntive.
Inoltre, laddove si disponga degli accessi ad Analytics, le statistiche dei servizi di URL shortening hanno un’utilità relativa.
Se la scelta ricade comunque sull’utilizzo di un URL shortening, la best practice è quella di effettuare l’URL tagging prima di inserire il link nell’abbreviatore. Specificare sorgente, mezzo e campagna (manualmente o tramite Google URL builder) permette di inviare le corrette informazioni a Google Analytics evitando sorprese, e di catalogare quindi le visite all’interno della fonte di traffico di pertinenza.
Una volta effettuata questa operazione, basta abbreviare il link ottenuto come output, facendo attenzione a differenziare i tagging se il link viene diffuso attraverso più di un sistema di condivisione.