Web Summit Day 1: feedback a caldo da Dublino

Questa mattina all’RDS Arena di Dublino sotto un sole inaspettato è partita la quinta edizione della tre giorni del Web Summit, a cui sto partecipando insieme a Luisa, evento di riferimento in occidente per tutto ciò che è digital, marketing, tecnologia ed innovazione. Un’imponente organizzazione e una location immensa, organizzata in molteplici sale tematiche, hanno accolto gli oltre 30.000 addetti ai lavori accreditati quest’anno.

In questo post raccolgo a caldo gli spunti e le riflessioni sugli interventi più interessanti che abbiamo seguito.

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Alle 9.20 l’apertura, naturalmente da parte del founder Paddy Cosgrave: un brevissimo benvenuto per lasciare subito spazio ai numerosissimi speech.

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Trend e scenari prossimi dal mondo dei social media

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Uno degli interventi più interessanti tra quelli che ho seguito oggi è stato quello di Thomas Crampton (Global MD di Ogilvy), che ha aperto il suo speech evidenziando come i social siano divenuti iper-densi di informazioni e contenuti dalla qualità media di dubbio livello (il 70% delle persone intervistate dice che la qualità è scarsa).

Dall’altro lato la maggior parte delle aziende predilige un approccio a silos con scarsa visione strategica: l’obiettivo appare essere quello di saturare di contenuti i propri canali e di generare micro campagne di successo.
Il risultato? Connessioni senza scopo e reazioni che molte volte si tramutano in un boomerang (vedi l’hashtag #MYNYPD promosso dal Police Department di New York che è finito per raccogliere tutte le testimonianze di abusi e scorrettezze da parte degli agenti).

Qual è la conseguenza di tutto ciò? Le persone si stanno ritirando in ambienti social più protetti e chiusi. Vedi il fenomeno WeChat (a cui abbiamo recentemente dedicato un post), il trending topic “AdBlock” e il costante declino dell’organic reach di Facebook.

Le leve per rispondere a questo contesto sempre più complesso e sfidante secondo Thomas Crampton sono:

  • Passare da un marketing mindset ad un publisher mindset
  • Innescare conversazioni di significato e storytelling ingaggianti
  • Muoversi dai target ampi e demografici al microtargeting
  • Modificare l’obiettivo dei community manager: dalla mitigazione dei rischi alla creazione di engagement e opportunità di revenue

 

L’agenzia del 21° secolo: un villaggio, non una fortezza

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Il secondo intervento che ho più apprezzato è stato sicuramente quello di Dan Khabie (CEO di Mirium) che nella sessione pomeridiana nel Marketing Stage ha condiviso un’interessantissima visione sulle agenzie sfruttando il confronto tra il concetto di fortezza e quello di villaggio.

Le fortezze infatti, dal punto di vista di chi le progetta e le possiede, si caratterizzano per:

  • solidità
  • imponenza
  • territorio definito in cui dominano
  • grandi investimenti in strutture pesanti
  • forte pianificazione e iper organizzazione del lavoro.

 

Dall’esterno invece? Rimangono sempre le stesse, immutate nel tempo e a volte anacronistiche se confrontate con il contesto evoluto in cui oggi si collocano.

Per quanto riguarda le caratteristiche dei villaggi invece essi si distinguono per:

  • costante evoluzione e adattamento al contesto
  • vivibilità
  • integrate con la natura
  • disegnate per essere espanse
  • sostenibili
  • connessi e accessibili sia dall’esterno verso l’interno che viceversa

 

Oggi viviamo in un momento di cambiamenti massivi. Come può essere in grado un’agenzia-fortezza di recepire e reagire con idee disruptive?

Le domande da porsi perciò sono le seguenti:

  • Siamo rapidi abbastanza? Fondamentale il tema del lean prototyping
  • Collaboriamo con successo con gli altri? Fondamentali le relazioni con partner esterni (“the world is a big API!”)
  • Quelli che riteniamo essere competitor lo sono veramente?
  • Riusciamo ad essere contemporaneamente globali (essendo digitali certo che si) e ad agire con successo localmente?
  • E’ sufficientemente flat l’organizzazione da garantire l’innovazione continua?
  • Diamo voce ai dipendenti che propongono soluzioni innovative? La vera sfida sta nel connetterli tra loro per dare vita a grandi idee (vedi il caso estremo dei freelancer che collaborano con le agenzie)
  • Siamo abbastanza bravi da captare le esigenze dei nostri clienti e dei loro clienti in tempo reale?

 

Tutte queste domande celano la formula per l’agenzia di successo del 21° secolo.

UX vs. product design: la bellezza nell’era digitale

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Brian Stephens (Founder & CEO di Design Partners) e Ciara Byrne (Contributor di Fast Company) si sono confrontati in un interessantissimo dibattito sul significato di design e di bellezza nel mondo digital.

In definitiva, il mantra che devono ripetersi tutti i designer e che deve guidare ogni loro azione è: KEEP IT SIMPLE.

Oggi infatti siamo sommersi da informazioni, device, tecnologie e comunicazioni. Un buon progetto di User Experience secondo i contributor (e anche secondo TSW) si basa sull’immediatezza e sull’efficacia con cui comunicare informazioni e generare engagement da parte di un audience ben preciso, al quale sottoporre informazioni e percorsi interattivi altrettanto precisi e coerenti con esso.

Nell’intervento successivo Andrei Herasimchuk (Co-Founder di Freestyle Software Inc.), ha aggiunto un interessante visione sul ruolo e sulle competenze dei designer: per progettare efficacemente prodotti digitali è necessario integrare le competenze estetiche e grafiche con quelle tecniche e di sviluppo web. Chi disegna deve avere chiara visione e conoscenza su ciò che succede in tutte le fasi a valle del proprio ruolo nel flow di sviluppo di un progetto.

Come stimolare la creatività e l’innovazione in un’azienda?

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Ne hanno discusso Ben Jones (CTO di AKQA), Chip Paucek (Founder di 2U), Cillian Kieran (Founder & CEO di CKSK) e Ross Kingsland (Contributor di Fast Company), definendo la creatività come “the way of thinking at problem solving”.

Questa sfida coinvolge ogni tipo di organizzazione, dalle aziende di prodotto fino alle agenzie digitali. Per mantenere alto il livello di innovazione e di creatività in un’azienda è necessario sicuramente poter far affidamento su un modello di formazione universitaria innovativo e orientato a sviluppare le skills richieste nel mondo reale (oggi per la cronaca saremo a Ca’ Foscari alla presentazione dei progetti del Ca’ Foscari Management Lab, questo significa che anche istituzioni a noi vicine sono già sulla strada giusta!).

Il secondo aspetto riguarda certamente il processo e i criteri di selezione delle nuove risorse. Il contatto con profili in possesso dei tratti degli innovatori non devono mai arrestarsi e deve essere sempre orientato alle esigenze future e di evoluzione dell’organizzazione. Quest’ultima infine, deve essere costantemente messa in discussione e riadattata ai nuovi contesti ed opportunità.

A domani

Appuntamento a domani con tutti gli insight dalla seconda giornata del Web Summit. Seguiteci su Twitter e nei social per tutti gli aggiornamenti in tempo reale sull’evento!

4 novembre 2015 Federico Betti