Venerdì 28 aprile siamo stati all’evento “Small Data Symposium” organizzato a Milano da Neuropeople che ha avuto come ospite e protagonista Martin Lindstrom. Il celebre autore di molti bestseller della letteratura di marketing, ha presentato la sua ultima opera: Small Data: i piccoli indizi che svelano i grandi trend. Di quest’opera abbiamo già parlato in un articolo dedicato, ma oggi vi presentiamo cosa è emerso da questa intensa giornata con la personalità più influente a livello globale del neuromarketing.
L’evento è stato una sorta di viaggio nella metodologia dell’autore danese, in cui sono stati affrontati tutti i nodi nel suo percorso di scoperta del consumatore, o meglio, della persona. Per Lindstrom, in un mondo così interconnesso, non c’è più distinzione tra B2B e B2C, perché è tutto H2H – Human to Human. Le aziende, oggi più che mai, devono essere orientate alla soddisfazione delle reali esigenze delle persone, e ogni proprio processo interno di queste deve essere proiettato verso questo obiettivo.
Il ruolo di Lindstrom è perciò, in quanto consulente, duplice:
Queste due dimensioni non possono e non devono essere separate, al fine di avere una dimensione d’insieme che possa portare a efficaci soluzioni ai problemi, da entrambe le parti. Ciò che fa Lindstrom è quindi passare il tempo con le persone: è una sorta di detective, con l’obiettivo di trovare il DNA emozionale, fatto di spunti e indizi significativi per conoscere le vite delle persone.
Gli esempi, durante la giornata di speech, sono stati vari e molteplici: tutto ha avuto inizio con lo scandalo di United Airlines delle scorse settimane. Un passeggero è stato scacciato dall’aereo della compagnia statunitense in malo modo a causa di un overbooking. Questo fatto dimostra chiaramente come un’azienda fallisce quando dimentica che ha a che fare, per prima cosa, con le persone e con la loro dimensione umana.
A proposito del caso della compagnia aerea, Lindstrom, come in un grande workshop, ci ha chiesto come risolvere il problema dello spazio ristretto per le gambe in aereo. La soluzione non doveva implicare costi. Dopo averci lasciato 5 minuti per confrontarci e alcune proposte dal pubblico ecco la riposta: l’esperienza di volo non è soltanto scomoda ma, soprattutto, è un’esperienza ricca di ansia. La soluzione prevede perciò l’eliminazione di tutti quei numerosi box di ansia: rassicurando i viaggiatori e migliorando i servizi di assistenza nei loro confronti. Questo è l’esempio palese di come mettere al centro della propria analisi l’esperienza delle persone, non solo ascoltandole, ma osservando come agiscono e capendo cosa provano, porta a soluzione concrete e, spesso, relativamente semplici – ma non banali.
Lindstrom ci introduce ad un customer journey che trascende lo stesso “viaggio” a cui siamo stati abituati, proponendoci piuttosto un emotional journey in cui, al posto delle classiche fasi, ci sono le emozioni che le persone provano.
Nell’esperienza dell’autore è stato certamente segnante la possibilità di indagare – egli stesso si definisce un ispettore forense – la realtà dei teenager di oggi. In particolare ha potuto analizzare, per un noto brand fast fashion, come si comportano le ragazze e il rapporto che hanno con il contesto in cui vivono. Emblematico è il cambiamento delle camere da letto dei teenager: il letto è divenuto il vero centro di comando della vita di un adolescente: si studia, si legge, si guardano gli show sul proprio computer, si “messaggia” con i propri amici.
Le nostre case, ci dice l’autore danese, sono i nostri diari personali, in cui riflettiamo noi stessi e le nostre insicurezze. È presto detto, perciò, il perché del numero impressionante di case visitate in tutto il mondo dall’autore danese: circa 2200 in 77 diversi paesi!
Durante una pausa, abbiamo avuto l’opportunità di porre qualche domanda a Martin Lindstrom. Abbiamo cercato di capire come, nella sua metodologia, si inseriscano le tecniche di neuromarketing e di ricerca neuroscientifica. La metodologia di Lindstrom prevede 4 step essenziali: il subtexting research, il ritrovamento di small data, lo small mining, ovvero la fase in cui si uniscono i “puntini” – gli small data – ritrovati nella fase precedente, e infine il concept, in cui si pongono le basi per una o più soluzioni al problema. Un utile mezzo per validare questo processo, secondo l’autore danese, sono le tecniche di neuromarketing. Queste si concretizzano nell’utilizzo di EEG, Eye tracking e altri strumenti derivanti dalle neuroscienze e dalla medicina. Tuttavia, Lindstrom ci ha detto che spesso non le utilizza, soprattutto perché prevedono costi troppo ingenti. L’importanza è stata posta, in ogni caso, sul fatto che queste metodologie sono le uniche che possono validare un processo qualitativo basato sull’osservazione della vita delle persone, dando una dimensione quantitativa e oggettiva all’indagine.
L’obiettivo di TSW, che più che mai durante l’evento si è sentita in piena sintonia con Martin Lindstrom, è quello di unire una ricerca qualitativa, tramite lo studio sulle persone, a tecniche quantitative, in grado di validare un processo che mette al centro le persone, misurandone con dati oggettivi le esperienze.
L’approccio human-centered è proprio quello che il nostro Experience lab segue quotidianamente: analizzare i comportamenti e le emozioni delle persone con l’obiettivo di capire, tramite una metodologia definita e oggettiva, ciò che un’esperienza può suscitare in loro.
Le persone devono essere al centro dell’analisi, entrando in stretto contatto con loro e facendosi contaminare, perché non si possono misurare le emozioni con un foglio Excel.