Gentili lettori, focus di questo articolo vuole essere il problema di allocare ogni bene al legittimo potenziale acquirente secondo una logica di giusta organizzazione della spesa e rispettando per quanto possibile i driver culturali della persona-consumatore. Perlustrando le zone di luce e d’ombra del nostro ego, ondivago e combattente, contro un conflitto interiore che può portare – in quanto “errare humanum est” – ad acquisti saltuariamente fuori rotta. Questa situazione risponde a due principali entità in antitesi: Heart e Brain. I driver culturali, in tutto ciò, sono a cavallo tra queste due regioni che ci governano, ecco perché non è sempre facile percepire e adempiere il giusto acquisto da fare.
(Suggerisco di accompagnare la lettura di questo mio articolo con l’ascolto delle seguenti musiche, in questa sequenza: 1) “Going west” dall’album “Flashpoint” dei Tangerine Dream; 2) uno a scelta tra l’album “The cello” e l’album “My ty she”, entrambi di Klaus Schulze.)
Esistono due motori di pensiero in noi, così come esistono due motori delle nostre emozioni. Mente, e Cuore. La mente è generalmente razionale, il cuore preferibilmente no: ma ha sempre ragione.
È un ossimoro, una ragione irrazionale, eppure chi prevale in noi, è il cuore, generatore di corrente, emozioni, e pensiero, e anche se non è ragionevole, non è cauto, non è calcolatore, non è controllato, è quello a cui diamo ascolto. Non esistono raccomandazioni, o studi preparativi didattici e/o nel nostro intimo, di sorta che possano contravvenire a questa regola: se il battito del nostro cuore aumenta in relazione ad una determinata cosa, difficilmente ci fermeremo. Potrà essere bene, o, ma siamo preparati a questo, male.
Leopardo delle nevi, felide originario delle catene montuose dell’Asia centrale. Il nome scientifico è “Panthera uncia”, assegnato dall’entomologo e naturalista tedesco Johann Christian Daniel von Schreber
Pinocchio e Grillo parlante: per assurdo il burattino del Collodi ragionava con un cuore, seppure di legno, più di ogni bambino fatto di carne e ossa. Verso scelte scellerate, esiziali, e nefaste. Sì, perché la trasgressione è nel plasma del nostro sangue, è un codice che pulsa di vita, è una negatività attraente in quanto l’uomo è sangue e disordine, e non pietra testata d’angolo. La consapevolezza di essere protesi dal nostro cuore verso l’errore irrimediabile è un’alchimia affascinante alla quale non possiamo più sottrarci, e questa legge permea ogni aspetto della nostra esistenza, anche naturalmente quelli concernenti gli acquisti che facciamo, specie se esistono dei driver culturali che dettano tali acquisti. I driver culturali non riguardano infatti solamente la ragione, bensì anche l’emozione, il sentimento, e probabilmente anche l’anima; è qualcosa che trascende da un inquadramento preciso, travalica frontiere e crinali quindi non è interamente governabile dalla ragione.
Naturalmente, un fatto acquisito sono i nostri driver culturali, ma un’altra componente non trascurabile è il budget a disposizione, per cui dobbiamo fare delle scelte, e stare attenti a non fare errori. Chiaramente hanno priorità i beni di prima necessità (es. alimenti, medicinali, benzina), dopodiché c’è lo shopping spiccio di poche pretese, pragmatico (es. abbigliamento da mare, prodotti per la toilette quotidiana, bigiotteria), poi acquisti un po’ più scelti (es. un bel paio di scarpe lavorate a mano, un romanzo Einaudi rilegato, un portafoglio Louis Vuitton, oggetti forieri di una certa cultura ma non considerabili dei beni rifugio) e sopra di essi si pone il vero acquisto, l’Acquisto, meditato, culturale, ma solitamente costoso o addirittura al disopra delle nostre possibilità (es. un orologio Reverso della Jaeger-LeCoultre, una Citroen DS Pallas cabriolet, una Ferrari o altra supercar/luxury. E così quando arriva il giorno fatidico in cui le nostre casse risuonano del tintinnio di monete in entrata, sulle note della famosa canzone dei Pink Floyd, “Money”, passiamo con eccitazione tra le nostre dita le carte di un Blackjack che vorremmo il più fruttuoso possibile, quasi miracoloso, riunendo e incontrando un turbinio di pensieri riguardo agli acquisti da fare, che il nostro raziocinio vorrebbe rendere il più controllati possibile a beneficio del portafoglio, ma che la nostra cupidigia e voluttà fanno metamorfosare in definitiva sempre secondo i desideridi un nostro amico (o forse nemico?) chiamato “Heart”.
(Pedro Friedeberg – The Happy Pyramid Gamble, Messico 2017 – Collezione privata)
È infatti vero che coesistono due figure immaginarie contrapposte nel nostro ego: una parsimoniosa minimalista che guarda semplicemente al profitto economico ed alla stabilità, ed una seconda esuberante e scialacquatrice dedita agli eccessi prescindendo da che sfera tematica, e caratterizzata dall’ambizione di raggiungere pazzi e scellerati traguardi trasgredendo quindi a quella linea di demarcazione oltre la quale si giunge molto spesso a grossi guai finanziari. È d’altronde difficile fermare un fiume in piena, le dighe crollano, e cominciamo ad avvertire quel suono, quel sibilo allarmante nelle nostre orecchie, molto simile a grida di terrore di alcune donne sovvenute per prestare aiuto.
Salvador Dalì – Senza titolo, 1931 – Venezia, Collezione Peggy Guggenheim
Un’altra questione è che la percezione dell’Uomo, purtroppo, non è infallibile. Non siamo robot, non siamo computatori, né cyborg, e sicuramente li superiamo da un certo punto di vista, per quell’equazione astratta e non matematica che è il nostro io, imprevedibile, eccezionale, unico, che è tutto e la negazione del tutto l’istante successivo, per una contorsione su sé stesso che pone lo sguardo verso l’io dal di dentro noi stessi, e, per una questione di completezza e insicurezza innata, anche dal di fuori.
Probabilmente a causa di questo decentramento dell’Io, quindi a causa di questi brevi black-out, esistono acquisti sbagliati, emozionali, e/o strepitosi ma esageratamente onerosi a livello economico, che facciamo, e nel frattempo ci sarebbero acquisti che incontrano alla perfezione la nostra personalità e cultura, che abbiamo in mente per tanto tempo, e che sono alla nostra portata come budget, ma che poi non facciamo. Questo fatto è deleterio per il nostro budget mensile a disposizione, cioè si è determinato un dispendio economico in direzioni sbagliate, e ci rendiamo conto che siamo rimasti turlupinati da noi stessi, fino al prossimo giro di valzer. Esiste un gioco della mente, simile alla paura di vincere, che ci fa fare dietro-front, o retrofronte – inteso come retrovie del fronte di combattimento -, quando si è ad un passo dall’aver espletato una cosa, un’azione, in modo ineccepibile, ottimale. La cosa ottimale era la ragione, la matematica, la regola, imparata a scuola, dettata dalla coscienza, perorata dai nostri genitori. Il risultato è invece quella disarmonia cuore-cervello che ci urla di essere vivi, e di essere unici uscendo dagli schemi. Questo fatto è una benedizione ed una maledizione al contempo, ecco che il nostro io cerca in modo continuativo, estenuante, di attrarre ed ingannare sé stesso, soprattutto su ciò che è bene e ciò che è male, determinando spesso parti invertite, e senza più punti di riferimento precisi.
Mediamente, il budget è poco, grosso guaio. Perché se la nostra, o meglio ancora, le nostre entrate mensili fossero laute, che importanza avrebbe l’esser finiti in uno stato catatonico che ci ha portato a fare 15 acquisti sbagliati, e finalmente riavutici dal torpore, dall’obnubilamento, aver finalmente concretizzato 5 acquisti giusti in relazione alla nostra esigenza culturale? Nessuna, i nostri tanti soldi avrebbero coperto le défaillance del nostro arbitrio consumistico. Ci siederemmo la sera in poltrona e, posti sul tavolo i nostri 20 acquisti, ci renderemmo conto di averne fatti 15 emozionali, che cercheremmo di affibbiare velocemente a qualcuno, magari che ci sta poco simpatico. Certamente non seguirebbe una notte insonne a pensare ai debiti che si sarebbero potuti saldare con i soldi spesi invece incautamente.
Ma, dicevo, la norma è che il budget è esiguo, e termina in fretta, è una sorta di iperbole matematica per cui abbiamo un andamento di caduta libera nei primi giorni che seguono il percepimento dello stipendio, ma poi l’aereo riprende magicamente e insperatamente quota quando si è a pochi metri dal suolo, e con quel poco che rimane nelle tasche, la linea si “orizzontalizza” perché quel poco lo si tiene a pugni chiusi, quasi a costo della vita. Ecco che, l’aver sbagliato anche solamente 3 acquisti di un certo peso economico (che, intendiamoci, può voler dire anche solamente un totale di 200 euro) ci può incatenare ad un albero che non è decisamente della cuccagna.
“La misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario.” (Albert Einstein)
L’acquisto, e l’Acquisto, diventano scienza, soprattutto interiore, una scienza che richiede grandissima attenzione e introspezione da parte nostra, per leggere chi siamo e per compiere acquisti che siano azzeccati e sempre definitivi e totalizzanti del nostro io, su ogni scala di budget, con la possibilità quindi di organizzare al meglio la spesa/investimento, per esempio dando una certa ciclicità alla tipologia ed entità economica degli acquisti/Acquisti.
Si dice che ogni oggetto abbia un suo padrone, ed è vero, l’ho sperimentato tanti anni fa, seguendo le vendite di mio padre nel suo negozio di contovendita dell’usato. Ci arrivavano gli oggetti più strani, ma che prima o poi trovavano sempre il loro acquirente. Qui non è una questione di giusto o sbagliato, non esiste un oggetto giusto o sbagliato se in relazione a quel qualcuno e ad un perché. Ogni oggetto è sul mercato, nessuno escluso, anche se nascosto nel nostro scantinato, ed ha un potenziale acquirente. Semplicemente costui c’è, esiste, è da qualche parte, sta passeggiando in questo momento a 500 km dal suo futuro oggetto, parlando al telefono e per ora ignaro di questo prossimo sposalizio. Importante è che i due poli entrino in una distanza reale o mediatica ravvicinata tale da potersi attrarre.
Un giusto ordinamento degli acquisti da parte dei legittimi proprietari crea una giusta disposizione del mercato ed una logica di ridestamento del mercato stesso, sia luxury che consumer. È altresì fortemente vero che l’azione di muovere il mercato collezionistico (il cui primo scopo dovrebbe essere comunque sempre l’aspetto poetico del rapporto tra il collezionista e il suo nuovo oggetto) costituisce probabilmente la migliore forma di investimento (certi settori del collezionismo non conoscono inflazione, ed hanno una costante e marcata crescita di valore), per certi ambiti a livelli quindi anche superiori all’investire in oro e diamanti (l’oro segue l’inflazione, ha oscillazioni abbastanza frequenti; i diamanti hanno una crescita abbastanza costante e solida, che si difende bene dall’inflazione), superiori all’investire in immobili (sono colpiti da lunghi periodi di deprezzamento quando vi è una frenata dell’inflazione – per l’Italia si parla ormai di deflazione per l’anno 2016), e decisamente una forma di investimento più sicura e proficua del gestire soldi liquidi (moneta corrente, a prescindere da che valuta) che oltretutto sono soggetti a svalutazione e comunque producono rendite davvero poco soddisfacenti se investiti in prodotti finanziari a più o meno lungo termine.
Benvenuto Cellini – Saliera di Francesco I di Francia, ebano oro e smalto, commissionata inizialmente molti anni prima della sua realizzazione dal cardinale Ippolito d’Este, e realizzata per re Francesco I tra il 1540 e il 1543 – Vienna, Kunsthistorisches Museum
Ogni oggetto ha il suo padrone perché appartiene ad una sfera logica e culturale di codesta persona. Da cui l’importanza di un mercato Human to Human (H2H): io persona propongo a te persona un oggetto il quale, secondo la conoscenza che ho di te, penso possa piacerti. Questo è vendere oggi, ma il termine vendere è riduttivo e forse volgare, preferisco questo mio neologismo: “Cultural affinity marketing”. Qui siamo arrivati ad un quadrinomio concettuale ciclico:
<–>conoscenza H2H <–>fiducia H2H <–> vendita H2H <–> amicizia H2H <–>
L’acquisto è un insieme di cose e concetti, non è un acquisto morto, è un acquisto vivo, e tiene unite delle forze concettuali e degli attori. Si arriva al parossismo per cui l’acquisto, per quanto azzeccato e voluto, diventa quasi un pretesto per creare e infondere bilateralmente conoscenza, fiducia, amicizia a tempo indeterminato.
Ma qual è il punto di partenza per creare questa unione? Il luogo (reale e/o virtuale), due persone si incontrano in un luogo, e l’evento, due persone si incontrano in un luogo per un evento. Abbiamo quindi adesso cinque componenti: due persone, un luogo, un evento, un oggetto. Intersecando quindi quanto appena espresso, con il quadrinomio concettuale ciclico di cui sopra, si ottiene la seguente formula:
<–> {conoscenza H2H [luogo (evento)]}<–> {fiducia H2H [(esposizione oggetto) descrizione storia oggetto]} <–> [vendita H2H (oggetto)] <–>{amicizia H2H [(dialogo oggetto) retention]} <–>
Se parliamo di una sfera del Marketing Antropologico riguardante i prodotti attualmente in produzione o ancora meglio in visione e progettazione per essere posti sul mercato, la formula appena espressa va modificata secondo l’interazione tra brand e utente, quest’ultimo il quale ha un ruolo sempre più centrale nella definizione del prodotto, tanto da divenire HED (Human Experience Definer) interno all’azienda e sottoposto ad interrogazione da esperti in Business Anthropology e da Human Experience Research Lab. Ecco quindi la formula relativa alla realtà appena citata:
<–>{conoscenza H2H [luogo (HED/brand/esperto marketing antropologico/esperto XP lab)]} <–> {collaborazione H2H [(studio experience design oggetto) definizione funzionalità oggetto]} <–> [test usabilità e neuromarketing H2H (oggetto in fase di definizione)] <–> {retail analysis H2H [(oggetto definito) service design e retention]} <–>
Un’ulteriore riflessione che si può sollevare e che potrebbe essere considerata come assioma è che oggi non si compra più per necessità, non si parla di bisogni, e nemmeno di bisogni indotti, bensì di bisogni acquisiti dal nostro io culturale e in relazione con i nostri alter ego (cioè in questo frangente intendo le persone che incontriamo e con le quali ci identifichiamo maggiormente e/o diventano nella nostra mente dei modelli culturali); il bisogno acquisito porta all’acquisto scelto e all’Acquisto, con i quali vogliamo essere identificati. Io sono io e tutti lo sanno perché “indosso” il mio quadro del Mantegna acquistato da Sotheby’s, perché “indosso” la mia auto d’epoca, perché “indosso” il mio Eberhard in oro del ’70, perché indosso la mia “Colonia di Acqua di Parma”, perché indosso i miei mocassini college della Saxone (che ne hanno quasi centoventi di anni), questo parallelamente al fatto che io sia io perché sono un artista, o un atleta professionista. Come si può evincere, questa carrellata di oggetti va dal collezionismo al consumer, quindi è caratterizzata da un ampio range di spesa; chiaramente un quadro del Mantegna non si compra una volta al mese, bensì può essere l’Acquisto di una vita, ma comunque all’interno di un ciclo di acquisti ove all’interno potremo porre l’Acquisto di un orologio da collezione ogni 5 anni, l’acquisto di un paio di belle scarpe ogni 6 mesi, l’acquisto di un romanzo ogni mese, e via dicendo. Grazie a questo ordinamento e a questa organizzazione della spesa, penso che una persona possa raggiungere una propria completezza culturale palpabile senza avere problemi in conto corrente (una efficiente organizzazione della spesa mensile permetterà inoltre di essere maggiormente regolari e continui nella nostra attività di consumatori/collezionisti. Permetterà di non avere più paura di entrare in un negozio, permetterà di non aver più paura di acquistare qualcosa di importante per noi), ma anzi, differenziare correttamente una sorta di portafoglio di investimento.
Probabile Gisèle Freund – Walter Benjamin, filosofo, scrittore e critico letterario tedesco molto dedito al tema filosofico e romantico del collezionismo. Ritratto databile al 1933 circa – Collezione privata
Si tratta in definitiva di far girare in modo ordinato (per farlo fruttare) il denaro nel nostro Paese, per far ripartire il mercato e vincere la crisi. Ma non è solo questo, fortunatamente; questo fine meccanismo che abbiamo avviato, dell’investire per collezionare, ci porta, secondo l’Irrazionalismo del filosofo tedesco Arthur Schopenhauer, ad una positiva insoddisfazione alla ricerca di una vita sempre più agiata e dobbiamo continuamente acquistare oggetti che pensiamo come definitivi, ma che in realtà non lo sono mai in quanto contengono una sorta di male che produce nel tempo una metamorfosi nella percezione dell’oggetto. Questo fatto può e deve essere considerato una fortuna, di un moto perpetuo nella giusta direzione, un mercato popolato da collezionisti eleva il tenore degli oggetti realizzati, eleva la cultura di un popolo, è salutare per l’economia di una nazione.
Ora pensiamo di applicare tutto il discorso che ho fatto all’economia italiana profondamente colpita dalla crisi. Il Made in Italy è stato sempre vanto del nostro Paese nel mondo, perché siamo artisti, perché siamo artigiani, perché abbiamo cultura e senso estetico innato. Cosa c’è di meglio e più logico che un italiano produca un prodotto italiano, e che venga comprato poi da un altro italiano? Sembra una delle regole che si imparano alle elementari, ed è una forma mentis che ha garantito all’Italia di prosperare, in quanto questo semplice ingranaggio garantiva introiti alle aziende italiane e allo stato italiano, garantiva lavoro e potere d’acquisto agli italiani, e una saltuaria svalutazione della Lira permetteva di essere maggiormente competitivi nell’export (l’azione di svalutazione della Lira conseguente al maggiore stampaggio di moneta creava anche inflazione, a risanamento del debito pubblico). Le dinamiche attuali, tuttavia, hanno portato ad uno stato di globalizzazione del mercato, con il seguente risultato per l’Italia: sempre più import di prodotti; poco made in Italy; costrizione a pensare più all’export per le aziende italiane; pochi introiti per le aziende e costi di produzione molto alti; poco lavoro, con contratti precari, stipendi bassi e potere d’acquisto quindi molto limitato. Insomma, un disastro. Gli italiani devono alzare lo sguardo e riflettere su cose importanti e cominciare a fare un passo nella direzione giusta per risanare l’economia italiana: e uno di questi passi, è senza dubbio destinare maggiormente denaro del proprio portafoglio investimenti sul made in Italy attualmente in commercio.