Navigando tra i blog mi sono re-imbattuto in questa ricerca del TeDis, di giugno 2009. Ho avuto la fortuna di conoscere chi l’ha ideata e scritta e vi invito a leggerla. Vi racconterà una realtà forse per certi versi scontata, ma difficile da ritrovare nelle statistiche nazionali: la ricerca è stata condotta ormai un anno fa, tuttavia credo sia da ritenere ancora molto attuale. Un concetto che ben la riassume, preso dallo stesso post in cui è pubblicata, è:
“Oggi esiste una certa distanza tra l’impresa del made in Italy e la comunicazione sui social media. Di più: la Pmi del made in Italy si dimostra cauta anche nei confronti del web classico, sotto forma di siti con contenuti dinamici e multimediali.”
Le Piccole e Medie Imprese compongono la parte più densa del tessuto industriale italiano. È utile allora farsi qualche domanda su come queste potranno affrontare le sfide del futuro, almeno per quanto riguarda i Social Media, ma anche il Web Marketing in generale.
La ricerca mette in evidenza le difficoltà che le nostre aziende hanno su questo fronte, ma mostra anche un bagliore di speranza, di cambiamento. Ci sono aziende che ce l’hanno fatta, e anche in modo egregio, non vi racconto nulla di nuovo se nomino Lago e Valcucine.
Magari in futuro vi proporrò una ricerca sul settore dell’arredo casa, come abbiamo fatto per il Fashion System e per i Musei, ma per il momento vorrei farvi passare un concetto più generico: l’importanza di accettare la sfida dei social media.
Se prendiamo la realtà manifatturiera, a prescindere dal settore specifico, si nota ancora una certa avversità alle nuove tecnologie del Web. Manca spesso una cultura di base su internet, figuriamoci parlare di comunicazione integrata, pubblicità online, Social Media Marketing ecc. Questo sembra essere ancora più vero col diminuire della dimensione aziendale. Un’impresa di piccole dimensioni ha più difficoltà a trovare le risorse, siano esse fisiche (persone) che economiche.
Ma mi chiedo…restare ancorati ad un vecchio modello di comunicazione, quello classico ed apparentemente funzionante dei Media tradizionali, salverà le aziende più restie dalla rivoluzione? Potrebbe essere invece che rimanere legati a questi mezzi sia ancora più rischioso che abbandonarli? Le risposte non sono banali, tantomeno semplici. E ovviamente lo scopriremo solo in futuro.
Per ora però, di certo, c’è che il Web sta avanzando con un passo che potremmo definire “Napoleonico”, nella vita delle persone e delle aziende. Sta entrando in maniera più o meno invasiva in tutti i settori. Il modo stesso di comunicare sta cambiando, ma anche questo non è un concetto nuovo.
L’elemento principale da considerare quindi è il cambiamento. Ma vediamo meglio alcuni punti, i più critici.
Cambiare ha un costo? Sicuramente sì. Ma quello di non cambiare può essere anche più alto, si può pagare anche con la propria vita (dell’azienda ovviamente :-).
A ben vedere poi, i costi di accesso a queste tecnologie non sono così elevati. Le competenze naturalmente si pagano, ma i costi di un’azienda specializzata comprendono anche la sua affidabilità e la sua esperienza nel settore. Per quanto riguarda i budget, invece, si può sempre valutare uno spostamento di risorse dedicate all’offline verso l’online.
Il treno dei social media sta passando ora. Chi non lo prende rischia di perdere la possibilità di:
Ovvio che c’è anche qualche rischio ad utilizzare il Web 2.0: ci si espone alle critiche e ai commenti negativi e, se non si è pronti a gestire questo rapporto, “la bomba ci potrebbe esplodere in mano”. Tuttavia, un approccio trasparente e corretto può aiutarci a trasformare questi rischi in nuove opportunità.
Del resto, ogni cambiamento, sopratutto se di grandi dimensioni, non porta solo a conseguenze negative, ma anche a nuove opportunità di business, e così anche il Web 2.0 e i social media.