L’arte dell’arrangiarsi, online, non funziona più.
Era il 1998, sedevo nella sala conferenze della Camera di Commercio di Verona gremita di piccoli imprenditori. Si parlava di come “fare ecommerce con successo alle porte del 2000”. :-)
Ricordo con precisione un bell’intervento che concluse quella che era stata una mattinata ricca di messaggi edulcorati e fumosi. Antonio Tombolini, uno dei fondatori di esperya.com, raccontava del proprio successo nato da una buona dose di lungimiranza imprenditoriale e da notti passate su un manuale di HTML: far realizzare esperya.com da un’agenzia esterna sarebbe risultato troppo costoso. Dopo pochi anni il sito è diventato un successo, un caso studio, un’azienda da acquisire, da vendere e svendere. Ma questa è un’altra storia.
Un imprenditore capace, nel 1998, aveva possibilità di costruire il proprio successo online in prima persona. Dal codice che genera le pagine, ai contenuti, passando per tutti gli aspetti tecnici del caso.
In questi dieci anni il web si è consolidato e naturalmente evoluto assumendo una dimensione d’ambiente e non di strumento. Un ambiente nel quale la concorrenza è misurata da parametri nuovi e rappresentata da attori diversi da quelli suggeriti dal mercato offline. La competizione cambia campo di battaglia spostandosi sul piano dei contenuti. Non basta, anzi, non è più necessario sapere pubblicare una pagina web.
La vera difficoltà diventa generare contenuti dalla qualità totale.
La semplicità di interconnessione da un lato e la disponibilità di sistemi di web publishing dall’altro hanno creato un’illusione dall’impatto senza precedenti: posso comunicare = so comunicare.
La logica conseguenza è sotto gli occhi di tutti. Un overflow informativo che ha premiato i servizi di filtraggio, aggregazione e selezione di informazioni e, soprattutto, comportato una sempre più evidente perdita di qualità dei contenuti pubblicati.
Questo scenario assume caratteri positivi se osservato dal punto di vista dei fruitori, gli utenti che diventano editori (libertà d’espressione, pluralismo, meccanismi di controllo). Se però il livello d’analisi diventa quello dell’impresa i toni si fanno meno pomposi.
Nascono blog aziendali autocelebrativi e autocensurati che muoiono dopo poche decine di post.
Siti corporate vengono rivoluzionati e arricchiti da pagine che nessuno leggerà mai.
Le pagine di prodotto vengono criptate da “linguaggi omologati”* e inaccessibili al consumatore.
E’ per questo che la ricerca di quella che chiamerei “qualità totale dei contenuti” diventa strategica per il successo online.
Il contenuto dalla qualità totale soddisfa i requisiti tecnici e teorici per essere correttamente interpretato dai motori di ricerca e i requisiti comunicativi e di marketing per essere apprezzato dal consumatore.
La sua stesura è un’opera di equilibrismo che bilancia le conoscenze di prodotto con le tecniche SEM. Si tratta di un’attività razional-creativa che non può essere demandata all’esterno dell’impresa. Essa detiene il primato di conoscenza dei suoi prodotti e del mercato a cui fa riferimento. E’ errato, allo stesso modo, pensare che bastino le conoscenze aziendali per generare un contenuto che si posizioni egregiamente sui motori di ricerca e che generi conversioni, azioni, ROI.
Non c’è nulla di più difficile che fare la cosa giusta
Anzi, non c’è nulla di più difficile che fare la cose giusta e generare profitti.
Sono necessarie specializzazione e aggiornamento per scrivere per il web e per i motori di ricerca. Pensare di delegare un’attività così importante all’autoapprendimento dei propri collaboratori è probabilmente la scelta più semplice ma non è quasi mai quella corretta.
Solo gli esperti SEO, SEM e acronimi simili possono aiutare a comprendere come integrare le conoscenze di prodotto e target a quelle di un utente speciale come il crawler di un motore di ricerca e quelle di un utente dall’attenzione scarsa come il fruitore di una pagina web.
E’ così che attraverso la condivisione strutturata di informazioni, concetti e esperienze l’apprendimento amplia le conoscenze, le abilità e modifica i comportamenti. Inoltre permette di portate all’interno dell’impresa competenze nuove che, se lasciate libere di esprimersi, possono contagiare colleghi e altri interlocutori. La vera comprensione infatti non è solo sapere ma anche saper fare, saper essere e saper comunicare.
Quando la concorrenza si fa più agguerrita e il mercato più dinamico e perturbato la formazione e la conoscenza permettono di capire come fare la cosa giusta e, se si è bravi e fortunati, generare profitti.
* = Carrada, Il mestiere di scrivere, Apogeo 2007