Il palcoscenico non appartiene solo agli attori. Ogni giorno ci troviamo a ricoprire un ruolo, specialmente nell’ambiente di lavoro. E il nostro ruolo non è fatto solo di compiti e attività da svolgere, ma richiede costantemente di attingere al nostro repertorio di comunicazione interpersonale, emotività e pensiero creativo. Aspetti su cui si basa il teatro, quell’arte che permette di riscoprire il gusto del gioco, quel bisogno imprescindibile dell’essere umano. Se ci pensate, i nostri vicini d’oltralpe traducono il nostro “recitare” con la parola “jouer”, così come il “to play” oltre Manica.
Questa possibilità di liberare istintualità ed emotività, che ci offre il teatro, è sempre più necessaria al giorno d’oggi negli ambienti di lavoro. Il semplice raggruppamento dei migliori talenti tecnici non porta automaticamente ai migliori risultati produttivi. E il teatro in questo senso può venire in aiuto.
Perciò, cosa può nascere dall’accostamento tra il mondo teatrale e quello lavorativo? Può sembrare un legame azzardato nella nostra cultura, dato che relaziona un sistema razionale, produttivo, basato sul profitto, a un sistema espressivo, creativo, fantasioso. Eppure i possibili punti di incontro sono tanti: pratiche, strumenti e tecniche teatrali possono essere utilizzati con successo all’interno dei sistemi organizzativi.
Per capire come la metafora teatrale può essere applicata al sistema-lavoro, partirò dalle quattro frasi che ho sentito più spesso durante il mio primo corso di teatro.
A teatro, ogni pensiero che passa per la testa ha pari dignità. Ogni emozione va bene così com’è. Ogni respiro assume valore. Tutto nasce da quel che succede in quel preciso momento. L’unico divieto è non sopprimere nulla. Essere presenti alla situazione in cui si è. Stare dentro a quello che succede.
Perché non provarci anche fuori dal palcoscenico? Quando si è presenti, senza dare troppa attenzione a quanto è successo prima e senza preoccuparsi per quello che succederà, emergono le prospettive più limpide. In quello spazio si trova la migliore capacità di concentrazione. Quando si è presenti si è in perfetta sintonia con i bisogni delle altre persone. Ed è da questa sintonia che nasce ogni possibile risultato di successo. Essere presenti nell’attività lavorativa vuol dire aprire tutti i ricettori e regalarsi la possibilità di dare importanza ad ogni decisione e relazione interpersonale.
A teatro, non ci si annoia. Ogni cosa che si fa, la si può fare senza annoiarsi. Se un’azione diventa ripetitiva ed è l’inerzia a guidare, il comandamento è cambiare direzione. Non si sa dove andare, ma si cambia direzione e qualcosa di nuovo camminando emerge. Si prova sempre a non fare come si è fatto l’istante precedente. Si impara a fidarsi delle proprie direzioni, a lasciarsi stupire da quello che succede.
Questo, nell’ambiente lavorativo, significa evitare di fare le cose come son sempre state fatte. Fidarsi del cambiamento, sperimentare spesso strade nuove. Soprattutto quelle che non esistono e che si creano solo camminandoci sopra.
A teatro, tutto parte dal corpo. A teatro, il corpo vale più della testa. Questo perché il corpo è vero: quello che succede nel corpo non può essere nascosto, rimosso o cambiato. Il corpo ha sempre ragione e, a teatro, è il principale strumento da utilizzare. Il linguaggio corporeo anticipa e va oltre l’espressione verbale, rivelando le sensazioni che non si riescono a spiegare o si tenta di celare.
Al lavoro, fidarsi del proprio corpo significa dare importanza alle nostre sensazioni e sfruttarle nella loro interezza. Significa riuscire a portare quello che sentiamo sullo stesso piano di quello che pensiamo, senza perderci parti importanti della nostra esperienza. Allo stesso tempo significa imparare ad ascoltare l’altro veramente. Non solo le sue parole, ma quello che è e che ci sta inevitabilmente offrendo tramite il suo sguardo, la sua postura, il tono della sua voce e molto altro.
Il palcoscenico è come una zattera: le persone che ci sono sopra devono disporsi in modo tale da mantenere l’equilibrio. L’unico modo per farlo è essere coscienti della propria posizione e di quella degli altri. Bisogna muoversi osservando i movimenti degli altri, conoscendoli e capendo le altrui intenzioni.
Perché non considerare anche il proprio ufficio come una grande zattera?
In tal caso, la collaborazione creativa richiede ad ogni persona di assumere il proprio ruolo e di contribuire in questo modo all’equilibrio collettivo. Significa che, se un angolo della zattera rimane scoperto, qualcuno corre in quel punto perché ne va della sua stessa stabilità. Significa che talenti e competenze si completano a vicenda. E che l’importanza del singolo ruolo serve e viene enfatizzata dal potenziale di tutto il gruppo. Significa essere aperti e adattabili a situazioni mutevoli. Perché solo se tutti si muovono armoniosamente, la zattera sta a galla.
Questi e molti altri, gli spunti e le tecniche che il teatro può portare nella vita di tutti i giorni e soprattutto negli ambienti di lavoro. In generale, è interessante la sua capacità di essere un canale espressivo a 360° che obbliga a confrontarsi con se stessi e a mettersi in gioco nella propria personale complessità. L’invito che il teatro ci offre è quello di far emergere ed esplorare il proprio nucleo più autentico e creativo, per poterlo gestire nelle relazioni interpersonali e nelle sue manifestazioni emozionali.