È una frase pronunciata sempre più spesso.
La sente chi lavora nel mondo del marketing e della comunicazione, ma anche chi vive nelle aziende e nella pubblica amministrazione. La giusta concezione, comprensione e analisi del dato possono determinare il successo di una strategia più ampia e importante. Ci sono dati grezzi, dati raffinati e dati di terze parti. Dati espliciti o da esplicitare, dati che saltano subito all’occhio e dati che s’individuano solo grazie a un lavoro di paziente scrematura. La realtà è sempre più indissolubilmente legata ai dati che si annidano nelle nostre più piccole azioni quotidiane, e alle preziose informazioni che ci rivelano.
Nel mondo del web marketing, il dato è uno strumento ormai irrinunciabile: sta a monte e a valle della strategia adottata, le dà impulso da un lato e dall’altro mira all’acquisizione di ulteriori informazioni che ne migliorino progressivamente l’efficacia. Il dato è prezioso perché s’intreccia naturalmente con le vite delle persone, le accompagna dal mattino alla sera. Il dato è calato così profondamente nelle vite degli esseri umani, tanto da essere in grado di “raccontarle”. Ed è per questo motivo che l’attenzione attorno alla data strategy si sta intensificando.
Chi possiede il giusto dataset, e sa come impiegarlo, potrà raggiungere i propri risultati con un enorme vantaggio rispetto a chi non sa raccogliere, organizzare e utilizzare i dati, o non li usa proprio. Studiare il ciclo vitale di un dato, permette di ripercorrere la customer experience e di migliorarla, rendendola sempre più soddisfacente per l’individuo che utilizza un prodotto o un servizio. Non si tratta semplicemente di misurare le performance delle campagne attraverso la lettura dei dati, ma di costruirle innestandovi i dati, in modo da creare un processo circolare che impatta positivamente sul proprio business.
Questo approccio al dato è di concezione recente.
Fino a pochi anni fa, nelle aziende, tutto ciò che aveva a che fare con i dati degli utenti era visto come un “IT problem”, un problema circoscritto all’information technology. I dati riferiti agli utenti erano una massa critica di difficile lettura e accesso, e andavano per lo più archiviati, senza adottare una strategia in grado di valorizzarli in maniera sistematica.
Col passare del tempo i dati si sono moltiplicati per quantità e qualità, e con essi gli strumenti in grado di leggerli e decodificarli. Oggi si parla di data strategy: una strategia che comprende i diversi modi per acquisire, archiviare, gestire, condividere e utilizzare i dati, nonché abilitare ed agevolare i processi decisionali, ad essi connessi, ad ogni livello.
Secondo SAS, una buona data strategy si articola in 5 passi.
Ci sono diversi tipi di dati.
Quelli che possiamo acquisire direttamente (web analytics, dati social, CRM, ecc…), e che fanno riferimento alle nostre piattaforme, servizi o prodotti. Ma ci sono anche i dati forniti da terze parti (interessi, dati comportamentali, attitudinali, ecc…), che possono essere molto utili per arricchire il nostro dataset. E proprio la varietà e la qualità dei dati in nostro possesso ci consentono di impostare una determinata strategia, focalizzata proprio sulle informazioni che tali dati contengono.
Al momento sono pochi i dati in grado di “esprimersi” autonomamente, senza appoggiarsi ad altri dati. Più frequente è l’esigenza di mettere a sistema diverse tipologie di dati, provenienti da fonti differenti e che vanno segmentati e correlati a seconda degli obiettivi da raggiungere. Non è tanto importante focalizzarsi sul dato in sé, quanto sui rapporti tra i dati stessi.
Sono proprio questi rapporti tra dati che ci aiutano a:
Questi sono solo alcuni esempi dei diversi modi in cui possiamo impiegare i dati che raccogliamo e mettiamo a sistema. Ciò che conta davvero è considerarli come un mosaico che, se adeguatamente composto, può mostrarci se la nostra strategia è corretta, come può essere migliorata, e come può giovare al nostro business, a prescindere dalla tipologia di attività economica.
Dotarsi di una data strategy significa semplificare i processi decisionali in un’ottica più efficiente e più vicina al consumatore. Significa fare dei ragionamenti e trarre delle conclusioni grazie al sostegno delle informazioni che i dati sono in grado di fornirci. E i benefici derivanti da questo approccio sono innumerevoli, trasversali e continui nel tempo.
Un esempio di “messa a terra” di una data strategy è costituito dal customer journey: il percorso che definisce l’esperienza di ogni singolo utente attraverso i touch point online e offline. Per essere in grado di seguire il consumatore lungo tutto il percorso, che tipicamente comprende la scoperta, la scelta, l’acquisto e l’utilizzo di un prodotto o di un servizio, è necessario conoscerne comportamenti e motivazioni. I dati raccolti, organizzati e interconnessi, ci permettono di acquisire queste preziose informazioni.
Un altro esempio è la targetizzazione dell’audience: a partire da segmenti di utenza, definiti in base allo studio dei dati a disposizione, è possibile individuare delle strategie di marketing volte a soddisfarne i reali bisogni. Definire le diverse tipologia di individui che usano il nostro servizio, ci permette di personalizzarlo per ciascuno dei segmenti individuati, garantendo un’esperienza maggiormente aderente alle aspettative e alle necessità delle persone.
Al di là di questi esempi di possibili applicazioni dei dati, ciò che conta veramente è il tipo di approccio al dato. Si tratta di creare un vero e proprio ecosistema di dati, capace di autoalimentarsi, mantenersi (ed eventualmente correggersi) e generare insight rilevanti.
Questo modo d’intendere il dato e di impiegarlo richiede uno sforzo aggiuntivo in fase di pianificazione, ma una volta entrato a regime permette di padroneggiare e acquisire una conoscenza preziosa, che aumenterà il proprio valore nel tempo. Un valore che verrà percepito soprattutto da chi compra e usa beni e servizi ogni giorno, generando dati in continuazione: le persone.