I Millennials nel 2018: caratteristiche ed evoluzione delle persone nate tra il 1980 e il 1995

Quella dei “Millennials” è la categoria di persone, di interesse per gli uffici marketing delle aziende, per le agenzie di comunicazione e per le società di ricerca, di cui negli ultimi anni si è discusso di più. Ma perché? E come sono evolute le esigenze del target dei Millennials dal 2015 in poi? Prima ancora: chi sono i Millennials? I Millennials sono quelle persone nate tra il 1980 e il 1995, la prima generazione della storia a essere completamente digitalizzata e ad avere raggiunto l’età adulta nel nuovo millennio. Non sono nativi digitali come le persone della Generazione Z, che sono attualmente nell’adolescenza o al massimo hanno appena vent’anni, ma i Millennials con le tecnologie digitali hanno grande dimestichezza, nello stesso modo in cui hanno una grande consapevolezza delle scelte di consumo che compiono ogni giorno. Immaginiamoci un gruppo di persone giovani, attualmente tra i 28 e i 38 anni circa, informate, dotate di pensiero critico, con motivazioni profonde e aspettative alte. In America parliamo del 36% della popolazione, in Italia del 25%. Proverò a raccontare l’evoluzione e le loro caratteristiche nel corso di questo articolo, che aggiorna il precedente articolo del 2015 sulle caratteristiche del target Millennials.

Ontologia della generazione Millennials e differenza con altre categorie di persone: è bene ricordarle

Fuori dagli ambienti di marketing, ultimamente si sta erroneamente iniziando a parlare dei millennials come delle persone nate dopo il 2000. Il 20 novembre 2018 si è giocata una partita di calcio amichevole tra la nazionale di calcio italiana e quella degli Stati Uniti: per la prima volta, ha fatto il debutto con la nazionale un giocatore nato dopo il 1° gennaio 2000. Giornalisti, telecronisti e commentatori hanno parlato di “millennial”, senza conoscere il reale significato di questo termine.

Si può riconoscere, difatti, che il termine possa legittimamente trarre in confusione, ma la letteratura è concorde nel definire generazione “millennials” quelle persone che hanno compiuto la maggiore età nel nuovo millennio. I primi a parlarne sono stati due storici americani, William Strauss e Neil Howe, già alla fine degli anni ‘80. Nel marketing, la prima testata autorevole ad avere parlato dei millennials è stata Forbes nel 2014 con l’articolo The Recession Generation: How Millennials Are Changing Money Management Forever, come giustamente ci ricorda Paolo Iabichino alla lettera “M” di “Millennial” nel suo splendido “Scripta Volant” del 2017.

Come detto sopra, c’è differenza tra chi è “nativo digitale” e i millennials: i primi sono ancora troppo giovani per esprimere scelte di consumo; sono al massimo influenzatori delle scelte di consumo dei loro genitori. Esiste un florido mercato rivolto a questa fascia d’età, ed è normale aspettarsi che il mercato della tecnologia e molti altri aumenteranno il proprio fatturato anche grazie a queste persone, che fra qualche anno avranno raggiunto la maggiore età. In alcuni casi, poi, i giovani della generazione Z – così viene denominato chi è nato tra il 1995 e il 2010 – hanno già l’età per essere impattanti sulle scelte di marketing delle aziende: rimando a questo mio articolo di circa due anni fa sulla Generazione Z. Poi, iniziamo già a tenerlo a mente: fra qualche anno cominceremo a parlare in modo sempre più pervasivo della generazione alpha, i giovani(ssimi) nati dopo il 2010, che attualmente al massimo hanno appena iniziato le scuole elementari, ma vi garantisco che sanno già usare l’iPhone e alcune app meglio dei loro genitori.

Cosa sono diventati e chi sono i Millennials nel 2018

Uno dei modi per constatare che “Millennials” è una parola ormai entrata nel gergo comune e nella lingua italiana, e non solo del linguaggio degli addetti di marketing, è avere notato in molte pubblicazioni la scomparsa della “s” a indicare il plurale quando lo si scrive o pronuncia, caso tipico dei forestierismi non adattati, ossia quelle parole di lingua straniera che non sono entrate a pieno titolo nella lingua italiana. Ecco, nel caso dei “Millennials” molte volte lo si vede scritto o sente pronunciare “i millennial“: quindi, mettiamocela via, i millennial sono entrati definitivamente nella storia e nelle nostre vite. Anche perché i millennial siamo noi, in molti casi: i nuovi imprenditori, oppure quelli che scrivono i contenuti e che ideano campagne di comunicazione, e cercano empaticamente di raggiungere persone simili a loro, in qualche modo proiezioni di se stessi. E soprattutto i millennial sono quelle persone che hanno abitudini di consumo che nel 2015 erano “disruptive”, ma che ormai si sono consolidate, tra consapevolezza dell’età adulta e disillusione verso ideali di sostenibilità.

Perché i Millennials sono il pubblico migliore delle campagne di marketing?

Mettiamoci subito d’accordo su una cosa: non è che facendo una campagna per raggiungere il target millennials si mira a una nicchia di persone o a un target-audience con caratteristiche particolari, semplicemente si mira a dialogare con le persone della fascia d’età dai 25 ai 40 anni circa. I millennial sono quelle persone che nel 2018 hanno finito gli studi, o che lavorano da qualche anno, che hanno aperto la loro impresa di recente, che lasciano il borgo natìo per raggiungere la grande città, che tentano la carriera nella grande azienda, che stanno mettendo su famiglia e magari – in alcuni casi forse tardivamente – hanno già uno o due figli.

E così come i genitori della baby boom generation visse questa fase di transizione prima della grande crisi degli anni ’70, con l’esplosione dei consumi nel corso tra la metà degli anni ’60 e i primi anni del decennio successivo, la generazione dei millennials in questo periodo storico ha una vita da costruire, il che equivale a moltissime spese da sostenere e quindi scelte di consumo da dover fare.

I Millennials hanno dato vita a un mercato complesso perché i Millennials sono complessi

Nel 2018 non viviamo più certo in un mercato di commodity, dove c’era un’automobile o un frigorifero da scegliere, e dove sicuramente altre scelte di consumo erano effettuate con più facilità e velocità. Nel 2018 il mercato è complesso: le automobili sono utilitarie, berline, piccole berline, SUV, mini-SUV. I motori sono a benzina, diesel, ibridi, elettrici, a GPL. C’è la casa giapponese, quella coreana, le classiche marche italiane (già, la FIAT ha rilanciato e riposizionato alcuni modelli, in primis la 500, per fare presa sui millennials!), le francesi, le più affidabili tedesche, e molte altre.

Un frame tratto dallo spot di Fiat 500 Forever Young

Un frigorifero? Non esiste più solo Smeg (anche se Smeg, facendo leva sulla nostalgia, ha potuto riposizionare il proprio modello classico in una fascia alta di mercato): siamo arrivati ai frigoriferi intelligenti dei grandi colossi coreani della tecnologia. Ed è nella tecnologia che è cambiato tutto: i millennials respirano digitale, smartphone, tablet, PC e dispositivi tech di ogni tipo sono estensione delle loro persone.

Ma il mercato e l’offerta dipendono dalla domanda: o meglio, l’una dipende dall’altra.

Quindi, se il mercato è così complesso e concorrenziale, è perché è il target dei millennials ad avere esigenze particolarmente complesse. 

Proprio perché quello dei millennials è un target informato e fortemente critico, per ogni categoria di prodotti vive un customer journey abbastanza frastagliato e tormentato, a meno che non si sia innamorato di alcuni brand (e succede) che vengono ritenuti insostituibili. Ma per il millennial è normale fare la spesa una settimana presso un’insegna della GDO e la settimana dopo presso un’altra; acquistare una marca di biscotti per poi cambiarla; prendere uno smartphone di una marca e dopo un anno cambiarlo con quello di un’altra marca; sottoscrivere un servizio di streaming video ma poi disattivarlo dopo un mese per sottoscrivere quello di un concorrente; e così via.

Il mercato, attualmente, è così complesso che una delle maggiori leve comunicative nelle campagne di marketing dei prodotti complessi e a più alto coinvolgimento (secondo la matrice FCB di Foote, Cone and Belding) è diventata la semplicità. Immaginatevi un brief per la creazione di una campagna di comunicazione indirizzata ai millennials con la giustificazione di una ricerca di mercato: “i millennials vogliono semplicità, comodità e flessibilità, perché sono autonomi e pretendono prodotti personalizzabili, su misura delle loro esigenze.” Non è così lontano dalla realtà.

Come raggiungere la generazione Millennials nel 2018?

Ora è il momento di andare a vedere cosa ci dice l’autorevole ricerca di mercato di Deloitte sul target dei millennials, per indagare più nel dettaglio le sfumature dei comportamenti di questa categoria di persone, così da avere dei risvolti dal punto di vista delle scelte di marketing che possono fare le aziende o le agenzie per raggiungere i millennials e coinvolgerli nel modo più efficace ed efficiente possibile.

Ciò che emerge con maggiore evidenza dalla survey di Deloitte, condotta su un campione globale di oltre 10.000 millennials, è che queste persone desiderano che le aziende abbiano più in generale un impatto positivo sulla società. Quindi, andiamo “oltre” ai prodotti e al mercato per qualche momento – lasciamo il marketing e parliamo di “societing” (anche se in realtà parliamo della stessa cosa): per i millennials, conta sempre di più l’associazione simbolica del brand con determinati valori e ideali. La percezione positiva e la fiducia dei millennials verso questo tipo di comportamenti da parte delle aziende, nell’ultimo anno, sono diminuite. Senza nulla togliere agli obiettivi finanziari delle aziende, i millennials credono per i brand che dovrebbero avere maggiore priorità le seguenti attività:

  • Lasciare un impatto positivo sulla società e sull’ambiente
  • Creare idee, prodotti e servizi innovativi
  • Migliorare la vita delle persone, aprire posti di lavoro e sviluppare opportunità di carriera
  • Enfatizzare l’inclusione negli ambienti di lavoro.

Un’infografica sui millennials tratta dalla survey Deloitte disponibile a questo indirizzo.

In pratica, le aziende, per avere un’opinione favorevole da parte dei millennials, dovrebbero inseguire un’ideale coerente verso il miglioramento positivo delle condizioni delle persone, della società, della cultura di business. Le aspettative dei millennials, cioè, sono sempre più alte, e non riguardano solo una mera scelta di consumo. Tradotto in termini ancora più pratici: i Millennials continueranno a bere Coca-Cola come hanno fatto altre dieci generazioni negli ultimi 130 anni, a patto che la Coca-Cola Company li rassicuri sul fatto di avere una strategia di CSR valida e sostenibile, si impegni a combattere l’inquinamento proponendo formati riciclabili, diminuisca gli zuccheri presenti nelle proprie bevande gassate. E infatti Coca-Cola sta facendo tutte queste cose.

Inoltre, la strategia di comunicazione più recente di Coca-Cola è di perfetto esempio per comprendere in che modo si debbano raggiungere la generazione Millennials. Due esempi:

  • Uno globale: a inizio novembre, in occasione del World Kindness Day, il profilo Instagram di Coca-Cola global ha archiviato tutti i post, e per un giorno era senza alcun contenuto. Il giorno dopo lo svelamento: l’operazione #RefreshTheFeed ha popolato il profilo Instagram di contenuti di ispirazione sulle idee di gentilezza, accoglienza, felicità, utilizzando uno stile visivo pop ma assolutamente riconoscibile per Coca-Cola. Questa tattica di comunicazione ha echeggiato molto sul web e ha fatto parlare, e il buon numero di interazioni sui post è prova di un successo. Ci insegna molto sulla comunicazione di marketing che funziona con i millennials: i contenuti devono parlare “valori”, non “prodotti”.
  • Uno riferito all’Italia: comprate una qualsiasi lattina di Coca-Cola in questo periodo, sotto Natale. Noterete un’etichetta che promuove un’iniziativa in collaborazione con Banco Alimentare, associazione che combatte lo spreco alimentare per aiutare i più bisognosi. Vedrete poi in calce alla lattina un codice di Shazam scannerizzabile con la app: dopo la scansione, un ragazzo che indossa il tipico maglione natalizio che si potrebbe vedere in una qualsiasi pubblicità della Coca-Cola ci racconta che la divisione italiana dell’azienda quest’anno si impegna a fare trascorrere un Natale piacevole anche ai più bisognosi. Ci spiega che abbiamo a disposizione tre scelte, la più votata delle quali diventerà un impegno per Coca-Cola a sostegno di Banco Alimentare. Un consumo banale come una lattina di Coca-Cola, quindi, diventa un atto di solidarietà e di sostenibilità.

5 modi per dialogare con i Millennials e per coinvolgerli

  • I brand devono essere dinamici e pronti a mettere in discussione operati consolidati, essere flessibili per rispondere tempestivamente alle richieste, mutate, di un ambiente di marketing sempre più complesso.
  • I brand devono fare promesse in linea con le aspettative dei millennials e realizzarle.
  • I brand devono comunicare in modo sempre più autentico, con mezzi sempre più vicini al quotidiano delle persone, per entrare in modo organico nella loro vita: senza fastidi, senza interruzioni.
  • I brand devono affermare la loro sfera identitaria valoriale coerentemente con la loro storia e con la storia che vogliono scrivere nel mercato (cioè nella società).
  • I brand devono prendere posizione in relazione a determinate questioni rilevanti per la società.
27 novembre 2018 Riccardo Coni

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TAG: marketing antropologico The Sixth W approach