Miei affezionati lettori, in questo scritto ho analizzato quali sono i mezzi tramite i quali le persone si connettono a internet oggi e il significato antropologico e filosofico di connettersi oggi tramite mobile, nonché le sfaccettature del paradigma Human nel contesto culturale attuale.
(Io mi esprimo tramite parole, immagini, e musiche, pertanto per procedere alla lettura è necessario che lorsignori si avvalgano del concomitante ascolto delle seguenti musiche, in questa sequenza: 1) “Étude Op.8 no.2 in Fa diesis minore” di Aleksandr Nikolaevič Skrjabin; 2) “Sarabande in re minore HWV 437” di Georg Friedrich Händel; 3) “The Golden Wire” dall’omonimo album di Andy Summers; 4) “In the light” dall’album “Physical Graffiti” dei Led Zeppelin); 5) “Paris, Texas”, di Ry Cooder, brano facente parte della colonna sonora del film omonimo di Wim Wenders; 6) “Dresden IV” dall’album “The Dresden Performance” di Klaus Schulze. Per praticità, ecco playlist. Buona esperienza sensoriale a tutti.)
SEO è un termine e acronimo che non risente del passare degli anni, bensì sempre attuale e attuabile, fintanto che SEO è ostensore di un concetto di visibilità detta organica ma che sottende e afferisce alla sfera più Human della ricerca in rete. Enucleare i perché e le differenze che hanno determinato l’assurzione di una modalità di presentazione dei dati che sia organica e vicariante per certi versi di ciò che è un contenuto sponsorizzato, non è un piatto semplice da affrontare per chi scrive, né da digerire per il lettore.
Forse solamente scrutando l’epistemologia della SEO e lo zelo di chi è autore di contenuti per il web nel rendere ciò che verrà letto, fruito, una qual cosa più prosastica che prosaica, è possibile comprendere il valore di contenuti posizionati organicamente.
Questo panegirico introduttivo era doveroso per questa che potrebbe essere definita come una nuova arte manieristica.
(Rosso Fiorentino – Ritratto di giovane con una lettera, 1518, olio su tavola – Londra, National Gallery)
Il risultato detto “Organico” probabilmente ha una dimensione più a misura d’Uomo ed è stato lungamente prediletto dagli utenti, anche se, parlando di Google, l’attenzione del colosso di Mountainview è direzionata alla qualità sia per i risultati organici, sia per i risultati sponsorizzati.
Pur essendo personalmente un estimatore della carta e dell’inchiostro, e provenendo da studi accademici relativi all’arte della stampa, devo prendere atto del fatto che, per quanto si perda un po’ la parte romantica, anche su internet si possono godere contenuti interessanti.
Ma oltre ad essere interessante, uno scritto può e deve imprimersi nella memoria del lettore, può avere la capacità di trasmettere un messaggio, imporre delle condizioni, costituire un atto ufficiale, commerciale, costituzionale, militare, politico. Uno scritto, specie se su carta, è un significato che permane, “manent”, e sopravvivrà a tutti noi.
Nel 1215, l’Arcivescovo di Canterbury scrisse la “Magna Charta Libertatum”, più comune Magna Carta, per garantire i diritti della chiesa più altri aspetti come scongiurare la detenzione illegale dei baroni, e una limitazione delle tasse monarchiche pagate dai vassalli feudali, carta accettata dal re Giovanni d’Inghilterra.
Nel 1648 un trattato dal nome “Pace di Vestfalia” molto articolato e che vide coinvolte molte fazioni, fu firmato con la mediazione di Fabio Chigi (eletto papa pochi anni dopo) e l’ambasciatore veneziano Alvise Contarini; questo trattato precipuamente sancì la fine della Guerra dei Trent’anni, e della Guerra degli Ottant’anni.
Nel 1776 (4 luglio) la Commissione dei Cinque (fra i quali Thomas Jefferson e Benjamin Franklin) scrisse la “Dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America”, una carta nella quale tredici colonie britanniche dichiararono la loro indipendenza dall’Impero britannico, e che sancì ufficialmente la nascita degli Stati Uniti d’America.
Nel 1797 fu firmato dall’allora generale Napoleone Bonaparte e dal conte austriaco Johann Ludwig Josef von Cobenzl, il “Trattato di Campoformio”, che rimescolò le carte in Europa sancendo la sconfitta della Prima coalizione antifrancese, il suggello vittorioso della prima campagna d’Italia di Bonaparte, la fine della Repubblica di Venezia, e la cessione del Veneto (assieme all’Istria e alla Dalmazia) all’Austria.
Nel 1847 fu scritto da Karl Marx e Friedrich Engels il “Manifesto del Partito Comunista”, pubblicato nel 1848 con lo scopo, oltre naturalmente di diffusione e presa coscienza dell’ideologia comunista, di far tacere le voci che giravano in Europa associanti il Comunismo a minaccia, a spettro.
Nel 1919 venne firmato da 44 stati il “Patto di Versailles”, un trattato che doveva ufficialmente porre fine alla Prima guerra mondiale, e così fu, ma a causa della rigidità delle seppur legittime sanzioni contro la Germania, osteggiate da quest’ultima tanto da far salire al potere il partito nazionalsocialista, il Patto di Versailles pose le basi per il secondo conflitto mondiale.
Nel 1987 venne siglato da Ronald Reagan e Michail Gorbačëv il “Trattato INF” sul bando delle forze nucleari intermedie, che fissò per i missili strategici a medio raggio il principio della “riduzione simmetrica” sulla base di rigide procedure di controllo reciproco.
Robert Krasker – Joseph Cotten/Holly Martins in un fotogramma da Il terzo uomo, film diretto da Carol Reed, 1949
Sono solo alcuni esempi, partendo dal Medioevo, di come la scrittura abbia assunto un’importanza planetaria al disopra di ogni potere economico/militare.
O forse, al disopra di queste importanti carte, potremmo porre le sacre scritture, e importanti opere letterarie, sono infatti religiosi e artistici a mio opinabile giudizio i significati più alti, oltreché intercorrere un guado imperituro fra queste due entità, un legame alchemico per cui possiamo evincere un aspetto mistico nell’arte, e un lato artistico nella spiritualità.
L’intento pertinace di alcune attività commerciali è quello di essere visibili a potenziali clienti, raggiungerli con una freccia magari se possibile, con ogni mezzo, ipnotizzandoli e attraendoli per mezzo di un giogo su ciò che si vuole vendere, presentandosi con una infida guisa accattivante di chi è l’immagine dell’etica professionale.
Assicuro invece che, se si è in possesso di un prodotto o un servizio di qualità reale (rispondente al requisito Essere Umani – vedano lorsignori il mio precedente scritto), è sufficiente portarlo alla conoscenza delle persone con un’azione di marketing non invasiva, avvalendosi ad esempio delle potenzialità della SEO a valle di aver ottemperato al mettere online un sito che inerisca al prodotto/servizio con dei contenuti di qualità e che assurgano il concetto di Humanum est a dogma, e non siano un semplice compendio né un soverchio susseguirsi di messaggi promozionali, un tipo di azione quest’ultima da sempre improvvida secondo la mia opinione.
Da sempre, per una rivista cartacea, un quotidiano, un romanzo, oltre al contenuto testuale, concorrono alla gradevolezza, alla scorrevolezza, alla chiarezza della lettura molti componenti, un insieme di particolari che ci permettono di unire un aspetto estetico e se vogliamo ludico/materico all’importante azione del leggere. Vogliamo raggiungere una contezza con ciò che vogliamo fare nostro non appena vi intravediamo una piacevolezza che si allinea ai nostri driver culturali.
Non siamo noi a dover subire una metamorfosi concettuale e fisica verso le entità materiche/filosofiche/astratte che si pongono di fronte al nostro io unico e plurimo, bensì sono esse ad essere investite dell’onere di dover acquisire una assimilabilità all’Uomo.
Se ci pensiamo bene, un concetto solipsistico sulla percezione e appropriazione sensoriale del mondo esterno pervade ognuno di noi, cosicché un oggetto, un luogo, un concetto, un suono non è solamente mio da un punto di vista di proprietà legittimata ad esempio economicamente, ma è mio altresì nella maniera in cui l’ho trasformato a livello fisico/percettivo per essere nella stessa lunghezza d’onda della mia umanità ed è mio nella maniera in cui ho potuto appropriarmi di qualcosa che collimi con la mia cultura e che preconizzi la mia personalità, e queste verità sono concrete per me giacché all’interno della mia personale esistenza in quanto ogni altra realtà si risolve all’interno del mio pensiero.
Björn Envall – SAAB 900 Turbo 16S Aero Coupé, un’auto di pregio collezionistico pensata e disegnata intorno al guidatore. Lo slogan dell’advertising sulle riviste di auto era “SAAB, preziose come l’intelligenza” – design del 1987
Qualcuno potrebbe pensare che il concetto di Human sottenda la peculiarità di essere Smart, ma personalmente non la penso interamente così. Forse in parte, sì, ma non interamente. Il concetto di Human scandaglia capillarmente anche e soprattutto le sensazioni del singolo individuo, e in questo determinato momento, e non può quindi essere ridotto ad un mero epiteto, “smart”, un inglesismo che in definitiva non vuol dire nulla.
Vorremmo forse una vita smart? Cosa significa? Che cosa siamo realmente noi? L’ombra di un mondo umanoide è un fantasma che ritorna, e che attanaglia.
Un’attività, un lavoro, nell’utilizzo di un oggetto, o nel recepire un concetto, se sono anche facili, pratici, sono certamente graditi dall’individuo, ma non necessariamente sono finenti da un punto di vista umano.
Personalmente, a “pratico” prediligo “esaustivo”, completo e, se vogliamo, olistico volendo effondere una componente organica a ciò di inorganico di cui ci approcciamo e facciamo nostro asservendolo ai nostri bisogni e alla nostra personalità culturale. Ecco che ad esempio un telefono cellulare smartphone può divenire una nostra estensione ma non perché smart, bensì in quanto si è creata un’interrelazione funzionale/vitale/olistica/esaustiva tra un oggetto tecnologico reso servo e la figura umana alla quale esso è stato assoggettato perché assimilato e perché fatto proprio.
Fritz Lang e Curt Courant
Ho volutamente usato questo tipo di forma utilizzata in proporzionalità matematica per il titolo di questo delicato paragrafo, credo che sia foriera e faccia da appunto su ciò che vado a esprimere nelle righe susseguenti.
SEO sta a Human, così come Mobile sta a Internet, sono ormai due verità apodittiche che si intersecano perfettamente in molte varianti. Potremmo infatti sostenere anche che ad esempio la SEO sta a Mobile così come Human sta a Internet, oppure altre 22 combinazioni diverse, in quanto in matematica per il calcolo combinatorio le combinazioni tra quattro numeri diversi, senza la ripetizione, sono 24, e personalmente le ho analizzate potendone infine ritenere la validità filosofica per ognuna.
Analizzo ora ognuna delle 4 parole, e come potrete evincere, per ognuna andrò a tangere a livello concettuale le altre 3.
1) SEO: acronimo di Search Engine Optimization, permea oramai la vita di ognuno di noi anche se completamente ignari di questo fatto. Dall’infanzia fino alla senilità oggi il mezzo della conoscenza più pragmatica, a prescindere dall’ambito, è internet, e l’hardware è mobile, il dispositivo che per certi versi è sempre nelle nostre mani, un aspetto che può spaventare da un punto di vista filosofico e rispetto alla filologia di un futuro remoto. Questo dispositivo tecnologico è diventato una sorta di confidente al quale affidare ogni parte in ogni dove, ogni parte del lato human della nostra essenza, ogni parte della nostra giornata, in ogni luogo, un amore platonico verso una cosa che può comprenderci da un punto di vista squisitamente antropologico? E’ uno di quei quesiti che probabilmente non troveranno risposta in eterno, ma da un punto di vista solipsistico ognuno di noi probabilmente si autoconvince che la risposta è sì e non possono esistere, e non possono sussistere, altre verità che interferiscano.
Marc Chagall – Birthday, 1915, olio su cartone – New York City, Museum of Modern Art
Un’idea, un quesito, una curiosità, un’ansia: il display si illumina, affidiamo il nostro pensiero, la nostra preghiera all’assistente vocale, e compare la lista di risultati del motore di ricerca impostato, un motore di ricerca che ci scruta e che registra via software di analytics proprietario, le tendenze di come gli utenti si approcciano alla ricerca online e attraverso quali dispositivi. Se da un punto di vista human la direzione è che tutti effettuiamo ricerche da mobile, il motore di ricerca ha recepito questa verità e ha plasmato il suo algoritmo dando la priorità a tutto ciò che bene appare sul display di uno smartphone ed è godibile all’utente, ed è utile all’utente, ed è di arricchimento all’utente. Il motore di ricerca ha prediletto l’aspetto human. Conseguentemente a ciò la SEO ha incanalato i propri sforzi verso qualsiasi accezione che questa presa di posizione comporta, prendendo atto del fatto che il posizionamento di contenuti su un motore di ricerca deve porre in primo piano che cosa vuole vedere l’utente, come lo vuole vedere, da dove e con che dispositivo, dimenticando del tutto il concetto “il SEO specialist posiziona siti”. La SEO ha accolto l’aspetto human. Motore di ricerca e SEO hanno converso nei confronti del paradigma human.
2) Human: paradigma catartico che ha l’intento di esplorare, analizzare epistemologicamente lo scibile umano, raccogliendo una visione antropologica, che tiene in grande considerazione gli insegnamenti della filosofia e della psicologia, sempre tesa a trasferire, a effondere, due componenti verso l’esterno organico e inorganico: i desiderata, i reali bisogni, dell’Io umano posto ad ascolto, e l’aspetto olistico cioè la necessità di ricevere riscontro con beni e servizi che rispondano capillarmente, sinergicamente, tramite funzioni interrelazionate e interdipendenti ai meccanismi psicologici e fisici dell’uomo.
In un’epoca dove non esiste un’individualità bensì una massa, un popolino deprivato di una identità, di una volontà, di un carisma, di un potere economico, di una spiritualità, è possibile recuperare il retaggio (non solo spirituale) di un Popolo fatto di Persone reali uniche ed eccezionali, è possibile rifondere linfa vitale nell’animo umano, nella morale, nello spirito. È possibile ridare vita, è possibile ridare speranza alla speranza di ognuno di noi promulgando l’Interazione Uomo-Uomo anche in un mondo che viaggia su internet, un mondo che si relaziona tramite mobile. Il web è in ascolto, ci sono persone, ci sono uomini dietro il web, che hanno compreso il paradigma human e hanno deciso di adattare i percorsi della comunicazione su internet a questo concetto salvifico, quindi compresi strumenti del web di prima necessità come motori di ricerca e annessa SEO nella presentazione dei contenuti, nella presentazione del viatico quotidiano di chi consulta internet, ovvero ognuno di noi oggigiorno.
Ernst Ludwig Kirchner – Die Straße, 1913, olio su tela – New York City, Museum of Modern Art
3) Mobile: non è un giocattolo e nemmeno un giuoco, non è meramente un oggetto, non è un telefono e nemmeno uno status symbol di un egocentrismo in una stratificazione sociale, non è una persona e non è un animale, non è nostra madre non è nostro padre, non è il nostro partner, non è una nicchia dove poterci nascondere, non è un oppio dei popoli. Non deve essere tutte e nemmeno una soltanto di queste cose.
Oggi mobile è Mobilità, un aspetto prettamente funzionale del paradigma human che aggancia al nostro corpo organico un elemento inorganico volto a esaltare la possibilità di avere risposte umanizzate grazie ad una osmosi organico/concettuale uomo-tecnologia; risposte che siano esaustive, reali e realizzabili.
È la nuova “scatola magica” della contemporaneità, così come lo fu la televisione agli inizi degli anni ’30. I canali tv oggi sono internet, mentre il palinsesto dei programmi, quindi dei contenuti, è possibile grazie alla SEO.
4) Internet: è difficile dare una definizione di cosa rappresenti internet nella società moderna. Equivarrebbe ad avere l’ardire, la presunzione, di definire la vita stessa.
Ad ogni modo, mi accingo a questa ardua impresa: internet è il mezzo che nasce dall’idea di una sensazione, la sensazione che manchi qualcosa. Che cosa mancava all’epoca in cui è nata l’internet, e che cosa mancherebbe se oggi non ci fosse più, o non ci fosse ancora? Possiamo forse essere consapevoli di qualcosa se questo qualcosa non esiste? Possiamo forse essere consapevoli, per una sorta di anamnesi, di cosa eravamo prima della nostra esistenza se non esistevamo ancora? Esistono forse delle forze ascetiche che rendono edotto il nostro inconscio di ciò che è bene per noi, di chi eravamo, di chi siamo, di chi saremo, con quali mezzi, con quali perché, con chi, per chi, per mezzo di chi e di cosa, in quale tempo, in quale dove, e dal punto di vista di chi, chi c’è dietro, esistono delle forze che ci permettano alla fine di scoprire che cosa è veramente giusto da un punto di vista human?
Internet nasce dalla sensazione della necessità di esperire il fatto di essere umani in un modo che sia finente, totalizzante, colmando quel vuoto aristotelico grazie ad una forza esterna che ha impresso nell’inconscio di un corpo militare l’idea del mezzo, sto parlando di persone particolarmente sensibili e propense all’ascolto di tutto ciò che umanamente può colmare determinate lacune logistiche, fornire nuove opportunità di potenziamento, di conoscenza, di collegamento, di condivisione, di velocizzazione delle informazioni.
All’epoca della nascita di internet, non esistevano i motori di ricerca, né la SEO, e la prima internet ante litteram, chiamata ARPANET, era ancora orfana di alcuni fattori come ad esempio la connessione diretta host-to-host. Era il 1969, praticamente sono passati cinquant’anni da allora, e oggi ereditiamo questo miracolo tecnologico che addirittura sta sul palmo di una mano, è mobile, ed è touch, ma non ci pensiamo, sono ormai cose acquisite, ce ne dimentichiamo, è la norma. E’ un’apatia perversa quella per cui l’umanità, acquisito, raggiunto un obiettivo, avuto l’oggetto desiderato, lo accantona emotivamente classificandone l’utilizzo come qualcosa di normale, pronta a guardare avanti, per una sete cambiamento, di innovazione, di nuovo e più bello, che personalmente considero alla stregua di una mania sessuale, ovvero un’insoddisfazione maniaco-compulsiva e depressiva. E’ un’inerzia, dovuta al fatto che storicamente, chi si ferma è perduto, concetto strettamente legato all’economia, e per cui la società moderna ha semplicemente portato avanti questo moto perpetuo ma non è più in grado di scinderne i temi e i relativi tempi di appartenenza. Allo stesso modo in cui un lavoratore non può smettere di lavorare e cavalca l’onda cambiando mansioni e luogo di lavoro come la più naturale delle cose, la relativa persona decontestualizzata dal ruolo e dall’ambito lavorativo non può smettere di cambiare caffetteria se ne apre una nuova ogni mese, non può smettere di cambiare auto, non può smettere di cambiare casa, non può smettere di cambiare partner così come non può smettere di cambiare cellulare, non può smettere di cambiare genere musicale, non può smettere di cambiare luogo di villeggiatura, non può smettere di cambiare sport, non può smettere di cambiare amici, non può smettere di cambiare il modo in cui fa le cose, non può smettere di cambiare il modo in cui è sé stessa. E’ una corsa contro un’entità non identificata, una mancanza di forza di volontà emotiva, un appiattimento di uno spazio interiore culturale identificativo che porta ad uno sfruttamento del presente e alla distruzione di qualsiasi passato, sia esso composto di elementi positivi o negativi, indifferentemente.
Non sappiamo più godere delle cose, abbiamo dovuto correre così velocemente inseguiti dai fantasmi dell’ansia, che non riusciamo più a fermarci e non vediamo più le cose, questo purtroppo è un paradosso in un tempo ove il paradigma Human cerca di farsi strada. C’è sì la cultura, ma non c’è la scintilla che fa scattare una cosa forse pazza, l’amore, e per cui la persona pur consapevole di avere fra le mani qualcosa di valore, non sa apprezzarla, le sfugge via come un attimo fuggente nemmeno goduto. Questo cielo plumbeo rischia di offuscare i nostri animi se non ci fermiamo un momento a riflettere, mettendo a fuoco con lo sguardo ciò di bello che ci circonda, anche cose semplici, che qualcuno ha realizzato con sincero amore per noi, questo amore esiste ancora, puro.
Cerchiamo allora di assaporare gli sforzi di determinate persone nell’ottenerci una vita più umana, più pensata ad ognuno di noi, più a misura d’uomo, questo può essere una salvezza.
Canaletto – The Neuer Marktplatz in Dresden, 1747, olio su tela – San Pietroburgo, Hermitage Museum