All’interno del progetto “Luoghi Aperti”, abbiamo accolto e ascoltato i clienti dei principali brand del settore giochi educativi per comprenderne le scelte d’acquisto e disegnare insieme scenari di sviluppo futuri.
La scatola dell’ultimo ordine online, vuota, ancora sul pavimento, è diventata una barca: mia figlia solca le onde della sua immaginazione, suo fratello è uno squalo e il salotto un mare in tempesta. Guai anche solo pensare di buttarla via.
Non è un semplice “passare” il tempo; è il suo “riempire” il tempo, dando senso nuovo alle cose, in un percorso affascinante di scoperta ed evoluzione continua, che cambia forma insieme a lei. Giocare è il suo mestiere.
Mario Clementoni, fondatore dell’omonima azienda, ripeteva spesso questa frase: “Il gioco è una cosa seria. Non bisognerebbe mai smettere di giocare, specialmente quando si diventa grandi”.
Ecco che, condividendo questo pensiero, ci siamo chiesti: qual è (o come dovrebbe essere) la migliore esperienza di gioco?
La risposta, come sempre, era già nelle tasche di chi, ogni giorno, questa esperienza la vive: i bambini e i loro genitori.
Nel mese di giugno, all’interno del nostro progetto “Luoghi Aperti”, abbiamo condotto una ricerca sull’esperienza che i principali brand del settore giocattoli educativi offrono ai loro clienti. Abbiamo aperto le porte di TSW alle aziende oggetto della ricerca ma soprattutto alle persone – in questo caso specifico i genitori di bambini nella fascia d’età 3-6 anni – che quell’esperienza la vivono quotidianamente, per comprenderne insieme a loro la qualità e disegnare insieme gli scenari futuri di sviluppo del settore.
Il valore emerso è enorme. D’altronde non è difficile immaginare l’importanza attribuita da mamma e papà al tempo che gli adulti di domani dedicano al gioco, soprattutto quando questo è fonte di apprendimento oltre che di intrattenimento.
Quali sono gli elementi imprescindibili del gioco educativo per definizione? Cosa ne determina la scelta a scaffale? Come dovrebbe essere la migliore esperienza di gioco? In quale modo la comunicazione di marca può veicolarne il valore?
Nel racconto delle persone abbiamo trovato la risposta a queste domande ma abbiamo trovato soprattutto altri punti interrogativi su cui lavorare, insieme alle aziende capaci di ascoltare.
Prima di ogni ulteriore considerazione, è bene riflettere sul peculiare dualismo che caratterizza il settore giocattoli e che vede la netta separazione tra “user” e “buyer”: l’utilizzatore finale è infatti il bambino ma la scelta d’acquisto rispetto al gioco – per quanto influenzata dalle sue preferenze – spetta di fatto al genitore (o agli zii, i nonni, gli amici che dal genitore raccolgono indicazioni e suggerimenti).
Progettare un’esperienza che tenga in considerazione entrambi gli attori è chiave per esistere con un prodotto di qualità in un mercato tanto affollato.
Ecco perché la ricerca sul prodotto – per inventarlo o migliorarlo – insieme ai bambini è il punto di partenza di un’intera journey con i brand in cui anche mamma e papà possono (più corretto sarebbe dire “devono”) essere coinvolti per comprendere le leve che realmente azionano le loro scelte d’acquisto.
Non possiamo condividere dati ma ciò che è emerso conferma lato azienda un’immediata necessità: ascoltare i propri clienti. Non tramite trend generici di settore o panel di rispondenti dietro ricompensa, attività sicuramente coadiuvanti, ma inette a competere con il tesoro di informazioni che l’ascolto reale dei vissuti autentici genera.
Il vero valore sta nei bambini che si arrovellano tra le informazioni troppo dense di una scatola o tra istruzioni pensate per un laureato in ingegneria, che faticano a impugnare oggetti non pensati per mani e motricità della fascia d’età a cui dicono di essere destinati, che vorrebbero portare il gioco in vacanza se solo ingombrasse meno o fosse dotato di una maniglia; sono mamme e papà che vorrebbero meno plastica, tecnologia “sana”, contenuti educativi che superano modelli e stereotipi di genere di generazioni passate, contenuti digitali capaci di orientare e non di confondere le scelte.
Sono infiniti gli ambiti d’esplorazione e le possibilità di miglioramento (e creazione di valore) per chi ha davvero a cuore l’esperienza finale. E chi se non chi riempie il tempo dei bambini dovrebbe farne una missione?
I “Luoghi Aperti” di TSW sono il “dove” e il “come” le aziende possono lavorare, accanto ai loro clienti, per progettare prodotti e servizi capaci di portare valore alle persone e di conseguenza ai brand.
Attraverso ogni nuovo progetto di ricerca accendiamo una luce su esperienze (digitali e non) che possono essere migliorate. Ascoltando le persone capiamo come farlo. Insieme alle aziende facciamo in modo che accada.