C’eravamo anche noi, quest’anno, tra i 370.000 visitatori del Salone del Mobile: un’occasione per vivere in prima persona l’esperienza dei clienti dei nostri clienti e gettare le basi di un ambizioso progetto insieme (ne abbiamo parlato qui), ma anche per condividere con le persone presenti la nostra ricerca sulla percezione del tocco di alcuni materiali per mezzo di misure psicofisiologiche, raccontando come sia possibile migliorare il prodotto e l’esperienza di prodotto attraverso l’ascolto delle persone e la misurazione oggettiva del loro percepito.
Da sempre sosteniamo l’importanza di coinvolgere le persone in tutte le fasi della progettazione. Farlo è semplice: basta un luogo di condivisione, o se vogliamo di “riconnessione”, in cui le aziende si aprano all’ascolto del vissuto dei loro clienti, supportate da noi nel ruolo di interpreti di questa relazione.
Spesso però ciò che le persone raccontano del loro percepito cela dell’altro, delle percezioni che non vengono veicolate a parole ma che impattano notevolmente sull’esperienza finale. Come accedere, allora, alla sfera dell’implicito per comprendere davvero a fondo cosa vivono i clienti nel momento in cui fruiscono un servizio o utilizzano un prodotto?
È possibile dare misura oggettiva al non dichiarato delle persone attraverso la ricerca scientifica e le neuroscienze, accedendo così a dati straordinari che vanno a completare il patrimonio già di per sé prezioso di informazioni che raccogliamo nelle attività di ascolto e co-progettazione insieme ai clienti.
Da un punto di vista pratico, poi, i modelli di ricerca del comportamento e delle neuroscienze necessitano di un numero di partecipanti nettamente inferiore rispetto alle metodologie più tradizionali, con garanzia statistica di risultato. Inoltre, in ottica più generale, quello attuale è un periodo storico in cui la psicofisiologia e la ricerca su dati psicofisiologici hanno un grande potenziale di applicazione, non solo nei campi scientifici più classici, ma anche nello sviluppo di scenari e tecnologie future come il metaverso, per citarne uno.
Abbiamo recentemente svolto una ricerca sulla percezione del tocco di materiali diversi con l’obiettivo di rilevare, da un lato, la piacevolezza dichiarata attraverso l’attività di ascolto e, dall’altro, la piacevolezza effettivamente percepita a livello psicofisiologico.
Per farlo, abbiamo coinvolto 24 partecipanti chiedendo loro di toccare quattro diverse moquette appartenenti a due fasce di prezzo differenti, senza che ne conoscessero il relativo prezzo. Durante l’esperimento, abbiamo registrato il loro segnale elettroencefalografico (EEG) e il loro livello di conduttanza cutanea (SCL). Cosa abbiamo scoperto? I dati parlano chiaro: non sempre la risposta emotiva coincide con la piacevolezza dichiarata.
Dal test, infatti, è emerso come uno dei materiali più economici abbia in realtà avuto il riscontro più alto in termini di piacevolezza. Sfruttando questi risultati, sarebbe efficace pensare di riorganizzare la modalità di proposta dei tessuti: a partire dalla disponibilità di spesa, lo showroom dovrebbe proporre il confronto tra le moquette della stessa fascia di prezzo, così che la piacevolezza percepita del materiale più economico non infici sulla possibilità di vendita di uno dei più pregiati.
Quanto sono rilevanti i risultati di questo test? Moltissimo perché permetterebbero a chi vende moquette, in questo caso specifico, ma a chiunque venda prodotti in cui la componente tocco ha rilevanza in fase di acquisto, di definire nuove modalità di vendita basate sul vissuto delle persone, per regalare ai clienti un’esperienza migliore e ottimizzare al contempo le vendite.
Se vuoi saperne di più, puoi consultare i risultati della ricerca qui: Neuroscienze per la misurazione della piacevolezza dei materiali.