Abbiamo tradotto l’articolo di TheNextWeb, che ci ha intervistato a proposito delle future appicazioni dell’ Eye Tracking. Lo stesso articolo è stato poi anche ripreso su TechCrunch. Eccolo per voi.
Grazie ai progressi e alle scoperte in abito hardware, software e intelligenza artificiale, questa tecnologia ha fatto passi da gigante nell’ultimo anno e sta attirando su di sé l’attenzione di importanti attori dell’industria tech.
L’acquisizione da parte di Google e Facebook di aziende produttrici di eye tracker come EyeFluence e Eye Tribe, così come il grande passo fatto da Tobii Tech verso il mobile eye tracking, sono solo il preludio di come l’interazione uomo-macchina sia destinata ad essere trasformata nel prossimo futuro.
Così come siamo passati da monitor e laptop a smartphone e caschi per la realtà virtuale, anche l’eye tracking si sta lentamente adattando al cambiamento in atto.
Qui sotto descriveremo 4 aree chiave che, con grande probabilità, saranno destinate ad essere impattate dalla tecnologia che misura e risponde al movimento dei nostri occhi.
Il 2016 è stato sicuramente un anno straordinario per la realtà virtuale, che ha visto l’entrata nel mercato di un’enorme quantità di prodotti quali Oculus Rift, HTC Vive e Playstation VR. Tuttavia realtà virtuale significa immersione e l’eye tracking sarà con tutta probabilità una componente irrinunciabile per i prossimi caschi.
“Un casco per la realtà virtuale senza eye tracking assumerà che io stia parlando con la persona davanti a me, anche se i miei occhi non vanno esattamente in quella direzione”, dice Orcar Werner, VP di Tobii. “Il nostro vero interesse è conoscere infatti dove le persone guardino e, di solito, c’è una sostanziale discrepanza tra il punto in cui si guarda e la direzione della nostra testa. I caschi per la realtà virtuale hanno assolutamente bisogno di prendere in considerazione il nostro sguardo se vogliono diventare degli strumenti realmente immersivi.”
“L’uso dell’eye tracking consentirà di eliminare le attuali distorsioni grafiche causate dall’incapacità della maggior parte dei sistemi di calcolare la direzione dello sguardo”, dice Werner.
Inoltre, l’eye tracking risulta essere l’elemento chiave per mettere in atto il cosiddetto foveated rendering, la tecnica che permette di allocare più risorse computazionali all’area dell’ambiente virtuale in cui si concentra lo sguardo dell’utente (visione foveale) e meno risorse, e quindi meno risoluzione grafica, al resto della scena. Il risparmio in termini di memoria e risorse computazionali è enorme (secondo Werner questo risparmio oscilla tra il 30 ed il 70 percento) e può dare la possibilità agli sviluppatori di creare grafiche realistiche a ridotto impatto di processamento.
Fove, un progetto finanziato da Kickstarter, è stato il primo casco per la realtà virtuale ad aver incorporato un eye tracker. SMI, un’azienda tedesca produttrice di eye tracking ha già integrato durante il 2016 questa tecnologia in svariati modelli di caschi per la realtà virtuale. Google e Oculus stanno anch’essi lavorando in questa direzione.
La più grande sfida che i videogamer devono superare ogni volta che iniziano una partita è comunicare le loro intenzioni a computer e console. Una grande parte di questa sfida sta sicuramente nel far capire al computer dove stiamo guardando e l’eye tracking può potenzialmente aiutarci a superarla.
Considerevoli sforzi sono stati allocati allo sviluppo di periferiche di controllo che facilitino la navigazione negli ambienti di gioco. Con la navigazione e l’interazione tramite eye tracker, per raggiungere un punto d’interesse sarà sufficiente guardarlo. Se si desiderasse colpire un oggetto, mirare a un bersaglio, stabilire un punto in cui le proprie truppe si debbano spostare, o semplicemente si volesse cambiare la direzione del punto di vista, l’eye tracking potrebbe rendere il tutto molto più facile e segnare la fine degli odierni sistemi di controllo.
Tobii ha già integrato questa tecnologia in numerosi giochi quali Rise of the Tomb Raider, Deus Ex and Watch Dogs 2. Tale integrazione faciliterà probabilmente la giocabilità e aprirà la strada alla creazione di giochi sempre più rapidi. A parte questo, l’eye tracking può contribuire a rendere le interfacce di gioco meno ingombranti ed intrusive. Per esempio, mappe, pannelli di controllo e altri elementi dell’interfaccia utente potrebbero rimanere nascoste, fornendo ai giocatori una vista più ricca dell’ambiente di gioco, diventando visibili solo nel momento in cui lo sguardo dell’utente sia diretto verso di esse.
Viaggiando un po’ con l’immaginazione ci si potrebbe anche aspettare che la prossima generazione di giochi possa includere interazioni con oggetti e personaggi di tipo sguardo-dipendente, ovvero si potrebbe incitare una rissa in una taverna, se si fissasse per troppo tempo qualche mercenario scontroso, o la sua borsa.
L’eye tracking potrebbe anche rinnovare l’intero settore della pubblicità. Allo stato attuale, l’efficacia degli annunci è misurata raccogliendo le impressioni ed i commenti delle persone, il che non rappresenta una metrica molto precisa.
“L’industria della pubblicità è attualmente nel bel mezzo di una serie di grandi sconvolgimenti per quanto riguarda la creazione di standard universali per la misurazione dell’impatto di un annuncio”, dice Dominic Porco, CEO di Impax Media, una società di pubblicità digitale. “Nell’era degli ad blockers e del bot traffic, l’intero concetto di ‘visibilità’ va ridefinito”.
Se l’eye tracking diventa parte integrante di tutti i dispositivi informatici, anche le campagne pubblicitarie devono prendere in considerazione la quantità di visualizzazioni che una pubblicità riceve. Se è vero che ci vorrà del tempo affichè tutto ciò diventi realtà, ad oggi, l’eye tracking sta già mostrando la propria affidabilità in altri campi in cui sono coinvolti gli annunci digitali.
Impax Media sta utilizzando la tecnologia eye tracking insieme ad altre tecniche di computer vision per raccogliere le metriche relative all’attenzione visiva, e non solo, dedicata agli schermi pubblicitari di sua proprietà (Tru View) installati all’interno di alcuni store. “Crediamo che il futuro del settore degli annunci sarà fondato su metriche attentive, in opposizione alle attuali valutazioni di tipo soggettivo, e che l’eye tracking sia, senza dubbio, il modo migliore per tenere traccia di tutto ciò”, dice Porco.
Grazie alla tecnologia eye tracking, Tru View misura la quantità e la durata di ogni singola visualizzazione di ciascun contenuto. Sfruttando altri strumenti di analisi delle immagini, il software estrae anche la fascia di età e il genere di chi guarda la pubblicità. I dati raccolti aiutano gli inserzionisti a valutare l’interesse che le persone mostrano verso la pubblicità e a correlare quest’informazione con parametri quali localizzazione, tempo e variabili individuali demografiche.
La raccolta di informazioni relative all’utente è solitamente un’attività piuttosto critica in cui privacy e regolamenti la fanno da padrone. Secondo Porco un uso corretto della tecnologia, consentirebbe di evitare qualsiasi raccolta dati che possa in qualche modo contribuire ad identificare chi guarda i loro schermi pubblicitari.
La gran parte dell’interazione che le persone hanno con prodotti e servizi passa attraverso lo sguardo. L’eye tracking è oggi in grado di fornire opportunità senza precedenti anche negli ambiti della User Experience (UX) e del neuromarketing.
È importante per chi fa ricerca in questi settori “poter valutare le aspettative e le interazioni delle persone nell’intero customer journey ed in tutti i suoi touchpoint”, dice Simone Benedetto, UX Researcher presso TSW, un’azienda italiana che opera nel settore del digital marketing.
Grazie all’eye tracking, spiega Benedetto, possiamo andare al di là della soggettività integrando dati oggettivi e non solo. TSW utilizza infatti eye tracker ed altri dispositivi wearable di ultima generazione (e.g. EEG, GSR) con lo scopo di raccogliere dati relativi al consumatore durante la sua interazione con una grande varietà di prodotti e servizi, sia digitali (e.g. pubblicità online, app mobile, siti web, software) che fisici (materiale stampato, packaging, punti vendita e prodotti di ogni genere).
Ottenere informazioni riguardo alla naturale interazione con prodotti e servizi offre la possibilità ai ricercatori di identificare problemi e criticità e prendere decisioni che, attraverso le successive fasi di design, possono contribuire a migliorare l’efficacia e l’efficienza del prodotto, accrescendo così la soddisfazione del cliente.
“Dal mio punto di vista c’è un mercato enorme dietro lo sfruttamento dell’eye tracking in indagini che riguardano la UX ed il neuromarketing”, dice Benedetto. “L’eye tracking permette di misurare il comportamento implicito degli utenti, trasformandolo in dati oggettivi quantitativi. Per anni abbiamo fatto affidamento soltanto su dati soggettivi: è arrivato il momento di cambiare.”
Dal momento che la vista è forse il senso più utilizzato dall’essere umano, essere in grado di transformarla in un’interazione tra uomo e computer può avere delle grandi implicazioni nel futuro dell’informatica. Secondo Werner l’emergere di un nuovo paradigma nell’uso del PC, in cui l’ Eye Tracking è il quinto modo di interagire, assieme a touch screen, mouse/touchpad, ai comandi vocali e alla tastiera, renderà l’uso dei computer più produttivo e intuitivo.
“Lo sguardo precede sempre una qualsiasi azione che facciamo con mouse, tastiera e voce; tramite l’uso del eye tracking si potranno progettare interazioni utente-computer sempre più intelligenti”.