Nel 1978 di sicuro Ekman e Friesen non potevano immaginare che ci sarebbe stata addirittura una serie TV americana a parlare e diffondere i principi dei loro studi. Ma il successo nelle indagini dell’esperto Cal Lightman, interpretato da Tim Roth nella serie “Lie to me”, è determinato proprio dalle intuizioni di questi due studiosi e dalle successive conferme scientifiche.
Procediamo con ordine, perché l’inizio della storia è in Papua Nuova Guinea. Paul Ekman era convinto che le microespressioni facciali non fossero frutto di qualche apprendimento culturale, ma che fossero universali. Gli studi di Darwin (1872) della fine del 1800 già suggerivano queste intuizioni, ma non permettevano solide conclusioni scientifiche. Per questo il team di Ekman iniziò le sue indagini alla ricerca di varie culture, per poter confrontare quanto l’espressione facciale comunicasse le informazioni emotive, indipendentemente dalle proprie origini.
L’assunto di base prevede che, se esistono delle espressioni emotive innate, riconoscibili da chiunque, allora esistono anche delle emozioni universali. In particolare riuscì ad individuare una tribù che aveva avuto rapporti ridottissimi con il mondo esterno. Attraverso un interprete veniva chiesto agli indigeni se fossero in grado di identificare le emozioni di alcune fotografie rappresentanti espressioni facciali di soggetti nordamericani.
I risultati furono sensazionali. L’espressione emozionale veniva riconosciuta ed identificata indipendentemente dall’appartenenza alla popolazione. Questo esperimento permise di individuare quelle che ad oggi sono considerate le sei emozioni di base:
Riuscite a riconoscerle?
Quello fu solo un lavoro pioneristico. Negli anni successivi, le microespressioni facciali furono codificate e suddivise in unità. I metodi di indagine sempre più sopraffini permisero la definizione di pattern muscolari sempre più precisi ed efficaci.
È evidente come l’evoluzione tecnologica abbia permesso il progredire e l’ottimizzazione di questa tecnica. Il Facial Action Coding System (FACS) prevede 44 unità fondamentali e oltre le 7.000 possibilità teoriche di combinazione. Ad oggi, il riconoscimento delle microespressioni facciali può fornire indicazioni utili sul vero stato emotivo del soggetto.
Questo significa che vi è uno strumento in grado di misurare la tipologia e l’intensità emotiva, anche senza deliberatamente interpellare la persona, attraverso delle semplici micro modificazioni involontarie. Addirittura vi furono interi rami di ricerca finalizzati a comprendere la differenza tra emozioni autentiche e emozioni simulate (Porter e Brinke, 2008).
Gli aspetti emotivi modificano la nostra esperienza, e quindi i nostri bisogni e la tendenza ad acquistare e memorizzare (Westbrook, Oliver 1991). Fate un controllo su voi stessi. Per farlo è necessario riconoscere un paio di muscoli in questione. Provate a simulare un sorriso. Il muscolo sopra le gote, denominato zigomatico, è legato alle esperienze con valenza positiva. Al contrario, la simulazione di una faccia triste dovrebbe portarvi a corrugare la fronte, in particolare vicino alle sopracciglia (muscolo corrugatore).
Le neuroscienze confermano le consapevolezze che gli abili venditori hanno già sviluppato sulla base della loro esperienza. Un sorriso viene recepito in maniera così efficace che attiva i nostri neuroni a specchio, aumentando la probabilità di avere a nostra volta un sorriso, e di metterci quindi in condizioni propositive (Keysers 2010).
Infatti non solo le emozioni modificano la nostra espressività, ma anche la nostra espressività può influenzare le nostre emozioni. E soprattutto quelle degli altri (Ekman et al, 1983). Questo significa che posso sorridere se mi sento felice, ma anche che il semplice sorridere aumenta le probabilità che io sia contento.
Ma allora cos’è che fa nascere l’emozione? L’elaborazione cognitiva di un evento o la mia risposta psicofisiologica? Poco importa, l’importante è sapere che entrambe hanno un ruolo fondamentale e delle applicazioni specifiche in ambito di neuromarketing che approfondiremo e su cui vi mostreremo esempi concreti realizzati all’interno del nostro User Experience Lab nel corso delle prossime settimane.
Bibliografia: