L’usabilità è un concetto bellissimo, più di quanto il termine e il suo uso, o abuso, facciano pensare.
La parola deriva dal latino uti usare, semplice quindi.
Non proprio perché spesso il significato di questo termine viene negletto o ridotto al suo significato quotidiano di servirsi di qualcosa, all’abitudine dell’atto o all’essere consueta la cosa stessa.
A noi interessa però da un lato l’inusitato, ciò che di solito non è colto. L’inusitato è il raro, l’insolito, ciò che usualmente non succede o non si comprende, non si fa o non si vede. Nel trovare il valore al di là dell’uso comune si potrà riscoprire la bellezza e la straordinarietà dell’ordinario: l’inusitato è infatti una delle forme della meraviglia. E la meraviglia per le cose o nelle cose è quella che rende l’esperienza memorabile.
Dall’altro lato ci interessa ancor di più, o la vogliamo stigmatizzare come deriva ai nostri occhi almeno, il fatto che nel gergo del web marketing la parola usabilità è spesso associata a termini come acquisto, vendita o conversione.
Quando parliamo di usabilità, o nei nostri test, non è quello che a noi preme e vorremmo che fosse riportata la comprensione più ampia del termine che dà respiro e adito a ben più interessanti discussioni.
In nostro soccorso arriva la norma ISO (International Organization for Standardization) 9241-11:1998, poi aggiornata dalla ISO 9241-210:2010, che definisce l’usabilità come:
“Il grado in cui un prodotto può essere usato da particolari utenti per raggiungere certi obiettivi con efficacia, efficienza, soddisfazione in uno specifico contesto d’uso”
Beh intanto la definizione parla di grado e quindi la rende una misura, poi introduce gli obiettivi e il contesto specifico, ma soprattutto gli utenti.
Fortunatamente questa definizione ci aiuta a capire che l’usabilità, specie nel web, è una proprietà esterna al prodotto-sito poiché riguarda le persone.
La questione si complica, o per fortuna si amplia, nelle definizioni di queste tre importantissime parole: efficacia, efficienza e soddisfazione. Parole che non riguardano più o tanto il codice della pagina o la strategia adottata per raggiungere certi obiettivi, quanto l’interazione tra un utente, le sue caratteristiche individuali (passioni, credenze, aspettative ecc.), e quel sito, ma varrebbe per una qualunque interfaccia o artefatto anche non digitale.
Infatti potremmo considerare, e noi lo facciamo da ormai più di 10 anni, queste parole come attributi delle interazioni degli utenti e per ciò stesso misurabili con le persone attraverso un approccio quali-quantitativo che abbiamo definito come WITH e che usa i metodi misti.
Se rileggiamo la frase consideriamo quindi:
In questo contesto si parla di usabilità in termini di interazione efficace e soddisfacente per l’utente sia in termini di efficienza sia in termini di benessere. L’usabilità ha quindi come obiettivi quello di economizzare lo sforzo cognitivo dell’utente, proponendo artefatti o interfacce che siano facili da comprendere, da imparare, da usare, da ricordare, che evitino o rendano recuperabili gli errori e che quindi gratifichino l’utilizzatore.
Il problema principale dell’usabilità, o se volete il nostro lavoro di ri-connessione, si pone quando il modello del progettista (ovvero le idee di questi riguardo al funzionamento del prodotto, che trasferisce sul design del prodotto stesso) non coincide con il modello dell’utente finale (ovvero l’idea che l’utente concepisce del prodotto e del suo funzionamento).
Il grado di usabilità si innalza proporzionalmente all’avvicinamento dei due modelli (modello del progettista, e modello dell’utente).
È questa visione convergente che ci ha portato a definirci come TSW, ovvero The Sixth W, che è appunto il WITH e a parlare di modello di ascolto e di ri-connessione.
Sinora abbiamo provato a chiarire il significato del termine usabilità, cosa davvero potrebbe voler dire e cosa vi è associato. Ora proviamo a vedere come questa usabilità, letta come grado di interazione, si possa misurare in un test. Un test che, come abbiamo capito dalla definizione precedente, dovrà coinvolgere attraverso metodiche strutturate gli utenti, che sono persone, in un contesto specifico, che è un luogo, il più neutro possibile perché possa essere vicino a quello dell’esperienza stessa.
Forse prima di capire in cosa consiste un test val la pena parlare di quest’esperienza che è il vero nucleo del nostro lavoro.
Per esperienza d’uso, o User Experience, s’intende ciò che una persona prova quando utilizza un prodotto, un sistema o un servizio. L’esperienza d’uso concerne gli aspetti esperienziali, affettivi, l’attribuzione di senso e di valore collegati al possesso di un prodotto e all’interazione con esso.
L’esperienza d’uso ha una natura soggettiva perché riguarda i pensieri e le sensazioni di un individuo nei confronti di un sistema; inoltre è dinamica dal momento che si modifica nel tempo al variare delle circostanze.
Per questo possiamo parlare di un’esperienza che si trasforma e si contamina con altri vissuti, visto che l’esperienza d’uso comprende tutte le emozioni dell’utente, le sue convinzioni, preferenze, reazioni psicologiche e fisiche, comportamenti e azioni che si verificano prima, durante e dopo l’utilizzo.
L’esperienza d’uso quindi esce dall’uso contingente e arriva ad abbracciare l’anticipazione, la progettazione, il ricordo di tale utilizzo, il desiderio dell’esperienza di interazione, la proiezione di tale esperienza sui processi di costruzione dell’identità del soggetto.
Entriamo ora a vedere cosa avviene e che variabili o processi sono coinvolti in un test di usabilità. Test, dall’ingl. test ‘saggio reattivo’, dal fr. antico test ‘vaso’ (usato dagli alchimisti per saggiare l’oro), dal lat. testum ‘testo, vaso’.
La stessa parola test ci può far scoprire un significato interessante, quello di un saggio, nel senso di valutazione o misurazione di caratteristiche (saggiare l’oro vuol dire valutare con procedimenti chimico-fisici le caratteristiche del materiale) e di un vaso che contiene e porta valori.
Nei nostri test l’oggetto di analisi viene spostato dall’utilizzo (come evento) all’utente, perché la persona con i propri vissuti non è solo oggetto del test, ne è anche soggetto e portatore di valore. Il valore dell’esperienza che è oro, l’oro inesauribile degli alchimisti, perché l’esperienza degli utenti come l’oro degli alchimisti non è una materia prima da estrarre, sottrarre alla terra e per ciò stesso esauribile, ma proprio come nel processo di trasformazione alchemica si tratta di una valorizzazione progressiva che si instaura fra gli elementi coinvolti nel test: l’interfaccia o artefatto, che è l’oggetto di ricerca, l’utente e il ricercatore, che è il facilitatore del test. In realtà nei nostri test, che vedono coinvolti anche il metodo e il contesto, partecipa un altro elemento indispensabile per la ri-connessione: il cliente, che è il rappresentante dell’azienda partner che ha generato con TSW il test. Solo in presenza di entrambi i soggetti, le persone “utente” e “cliente”, e con la mediazione del facilitatore, si può saldare o rinsaldare la relazione persa.
Perché quando parliamo delle nostre attività diciamo che ci occupiamo della qualità dell’esperienza delle persone?
Perché il test con utenti consente di determinare in modo diretto:
Come si sviluppa un piano di test? Dopo aver definito obiettivi e target, viene reclutato un campione coerente di persone “utenti” alle quali verranno sottoposti alcuni task e compiti da svolgere, isolati e selezionati dall’esperienza oggetto d’analisi. Durante l’interazione un moderatore osserva l’utente, ne stimola le riflessioni e lo assiste in caso di imprevisti. L’integrazione tra osservazione e think aloud consente di analizzare in modo qualitativo ed accurato le aspettative degli utenti e la presenza del moderatore facilita l’espressione di contenuti o valori impliciti, che contribuiscono a costituire quell’oro di cui sopra.
In alcuni casi, sempre più spesso oggi, può essere utile approfondire alcuni comportamenti tenuti dalle persone durante l’interazione attraverso una quantificazione oggettiva. Entrano in gioco a questo punto: eye tracking, EEG e GSR, che permettono di raccogliere informazioni dettagliate e oggettive sull’impatto visivo ed emotivo generato.
Il test con utenti isola ed esamina il flusso di attività di un momento preciso della customer journey, ma può far emergere vissuti e relazioni, brand perception e valutazioni che le persone hanno al di là di quel momento, touchpoint, task o caso specifico.
Il test di usabilità letto in questa sua forma quali-quantitativa ha il pregio di essere uno strumento malleabile e flessibile, capace di portare valore in qualsiasi fase di progetto proprio perché raccoglie un set completo e ordinato di dati su ciò che gli utenti vedono, fanno e dicono, ma anche pensano e proiettano nel futuro.
Infatti è quando la variabile tempo viene introdotta che si emancipa dal mero uso contingente e se l’usabilità che testiamo non è più l’uso contingente, ma come abbiamo letto ha una valenza anche proiettiva, forse val la pena distinguere usabilità e utilizzabilità.
L’usabilità a volte è confusa con l’utilizzabilità. È d’uso comune l’uso di questo termine in forma di aggettivo, ad esempio: “…questo strumento o questo sito è particolarmente usabile“, ovvero che si può usare o utilizzare; impiegabile, utilizzabile. A volte l’aggettivo è considerato sinonimo di utile e persino utilizzabile, ma proviamo a fare dei distinguo che magari ci aiutano a comprendere meglio il significato delle parole stesse.
L’utilizzare, l’utilizzazione non è direttamente l’usare, ma è il rendere utile, cioè idoneo ad essere usato. In questo senso il nostro lavoro è di utilizzazione degli artefatti e il fine è renderli utili all’esperienza degli utenti, non usarli. Anche gli utenti non vengono usati, o reificati nei nostri protocolli, ma utilizzati in questo senso. Gli utenti sono resi, e si rendono utili, per la ri-connessione che ha a questo evidenti vantaggi reciproci per le parti.
Nel contesto dei siti di e-commerce, il significato di usabilità del web è spesso limitato all’efficienza: effettuare vendite e/o eseguire altre operazioni importanti per la “conversione”.
In quest’ottica l’usabilità risulta una variabile chiave del funnel di conversione perché concorre a determinare la “scrematura” che avviene tra il numero di utenti iniziali ed il numero di utenti che effettivamente conclude un acquisto.
Con l’allargarsi delle possibilità di scelta e con la diffusione di esperienze di acquisto memorabili, si è capito che non esiste un funnel ideale, ogni business ha il suo modello e questo deve essere aggiornato e migliorato periodicamente per venire incontro alle necessità del mercato.
Se quindi, per concludere, legate la valorizzazione dell’usabilità come grado di soddisfazione, benessere e gratificazione delle persone al concetto condiviso secondo il quale, anche per finalità puramente di business si sta affermando nel mercato, solo con continue analisi e valutazioni si può ottenere sempre il risultato migliore possibile, si può capire come siamo arrivati a poter senza tema di smentita dire che: “Miglioriamo le esperienze con l’ascolto e attraverso l’ascolto trasferiamo valore alle aziende (e alle persone)”.