Un approfondimento metodico sul nostro approccio basato su ascolto e analisi dei vissuti per migliorare le esperienze.
In TSW parliamo di analisi dell’esperienza che significa prendersi cura dei vissuti delle persone, accogliere le loro testimonianze per poter migliorare i momenti futuri, digitali, fisici o ibridi che siano.
In molti casi, in modo particolare quando abbiamo a che fare con un prodotto digitale (siti, app, prototipi), la modalità con cui indaghiamo questa esperienza è un test di usabilità, metodologia che ci permette di verificare un contesto specifico, sia dal punto di vista della piacevolezza che dell’efficacia.
In realtà, però, possiamo con un usability test analizzare anche un’esperienza non digitale: se volete approfondire questa tematica consigliamo questi articoli.
Nel test di usabilità vengono in genere definiti dei task, che altro non sono che gli scenari di utilizzo per i quali è stato ipotizzato il prodotto digitale, e si chiede ai partecipanti selezionati di provare a portare a termine questi compiti. Sono proprio loro, le persone, il fulcro fondamentale dell’esperienza: rappresentano infatti i potenziali futuri utilizzatori.
Di fatto ogni utente (che nella sua origine latina fa riferimento a chi utilizza uno strumento) è il portatore dei bisogni che noi vorremmo soddisfare attraverso il nostro prodotto. Il feedback di un partecipante non ha prezzo ed è la chiave di volta per progettare in modo efficiente.
Con questa metodica possiamo arrivare a identificare eventuali barriere di esperienza che potrebbero verificarsi nel tentativo di portare a termine i compiti. In genere sono sufficienti tra le 5 e le 8 persone per far emergere più dell’80% delle barriere di usabilità.
Partendo da questi presupposti, sempre validi quando parliamo di questo tipo di analisi, proviamo a inserire il concetto di test di usabilità non moderato. Questa modalità prevede l’invio di un link (generato da un’apposita piattaforma) che permette di sottoporre dei task da remoto a persone che sono state reclutate ad hoc.
Le persone che decidono di partecipare leggeranno il task e proveranno a portarlo a termine. Il risultato sarà catalogabile come percentuali di “Successo” o “Insuccesso” per singoli task. Esiste poi uno spazio destinato ai commenti, nel caso in cui qualcuno fosse particolarmente motivato. Questo approccio in genere necessita di un numero elevato di partecipanti, anche se per la natura stessa dell’indagine può apparire come molto economico.
Ma cosa stiamo tralasciando usando la variante da remoto? Andiamo a occuparci della mera possibilità di completare un compito, senza prendere in considerazione la piacevolezza dell’esperienza. Siamo a un livello di indagine che è indubbiamente più superficiale.
Per questo noi preferiamo i test di utilità moderati: mettono al centro la persona di un processo di ascolto più ampio, che valuta anche la qualità di quello che vive, non solo la sua efficacia.
Il ruolo dei nostri ricercatori quando vestono i panni di moderatori, è stare letteralmente vicino al cliente del nostro cliente, empatizzare con lui, mettendolo in condizione di raccontarci tutti i percepiti, anche quelli scomodi. Il moderatore deve favorire l’esperienza di “think aloud”, una sorta di flusso di coscienza che viene stimolato e incentivato tutte quelle volte che il nostro partecipante normalmente smetterebbe di commentare e invece viene invitato a completare tutti i suoi pensieri, per agevolarci la comprensione.
È così che questo tipo di indagine ci permette di andare in profondità nei vissuti delle persone e capire perché accadono o non accadono, e perché in quel modo. La comprensione dei perché sarà la base per costruire una reale nuova alternativa. La soluzione proposta sarà effettivamente quindi la soluzione di una problematica, comprensiva delle sue logiche sottostanti, e non solo il tentativo di risolvere tecnicamente un problema di interfaccia.
Vi faccio un esempio emblematico. Le funzioni Back, Reply e Share vengono spesso rappresentate con frecce simili tra loro.
Se le presentassi singolarmente in un test non moderato, probabilmente otterrei degli ottimi risultati in qualsiasi combinazione di task (es “Torna indietro”, “Inoltra”). E probabilmente tale risultato potrebbe essere dettato dall’assenza di alternative e non dalla nostra interfaccia. In un test moderato invece, l’eventuale perplessità sarebbe assolutamente intercettabile. E di conseguenza si potrebbe migliorare effettivamente l’elemento e l’interazione con lo stesso.
Provate ad immaginare questo ragionamento su dinamiche complesse come la decisione di acquisto. Non vorreste capire davvero qualcosa in più sul perché le persone si comportano in un certo modo?
Per questo, nella nostra visione e interpretazione dei test di usabilità, non possiamo rinunciare alla reale comprensione del vissuto del nostro utilizzatore finale: significherebbe perdere uno dei valori più grandi che possiamo raggiungere. E questo è il motivo per cui difficilmente ci sentirete proporre dei test non moderati.