Nascita ed evoluzione dei test di usabilità, le diverse modalità di svolgimento e il confronto tra approcci qualitativi e quantitativi
Il test di usabilità (o usability test) è una metodologia di ricerca di analisi dell’esperienza che si basa sull’osservazione diretta del comportamento e dell’interazione di una persona rispetto ad un prodotto.
In questo articolo vediamo come sono nati e le due tipologie principali.
I test di usabilità sono nati nel campo dell’ingegneria negli anni ’70, in un contesto in cui le interfacce uomo-macchina stavano diventando sempre più complesse e sofisticate. In particolare, il termine “usabilità” è stato coniato da Jakob Nielsen, uno dei pionieri dell’ingegneria dell’usabilità.
Inizialmente, i test di usabilità venivano utilizzati soprattutto nel contesto di progettazione di sistemi informatici, per valutare la facilità d’uso di un’interfaccia e identificare eventuali problemi o difficoltà di utilizzo. Negli anni successivi, gli user test si sono affinati ed estesi ad altri campi, come quello della progettazione di prodotti e servizi.
Questa tipologia di user testing può essere svolta oggi secondo diverse modalità. Con “test di usabilità” si intendono infatti molteplici attività di test che differiscono però significativamente per il tipo di ricerca e quindi anche per il tipo di output. Ne consegue che non tutti i test di usabilità sono uguali e che non tutti fanno usability test allo stesso modo.
Per chiarire questa definizione ci concentreremo sui prodotti digitali per semplicità, ma sappiamo che si possono fare test anche su prodotti fisici, ibridi o addirittura store e ambienti.
Alla loro nascita i test di usabilità venivano considerati come uno strumento di natura qualitativa. Sarà lo stesso Nielsen a definire che con 5-8 partecipanti si possono trovare circa l’80% delle barriere di usabilità. L’approccio qualitativo permette di capire non solo il “cosa accade”, ma anche avere indicazioni sul “perché accadono” certe scelte da parte dell’utilizzatore.
Tale attività permette di ottimizzare l’investimento, non limitandosi ad identificare il problema, ma iniziando un percorso di comprensione sulla motivazione che lo ha generato. Questo approccio permette una maggior efficienza nella fase risolutiva, perché si riescono ad evitare tutte quelle soluzioni che pur differenti, non risolvono il problema cardine dell’esperienza del futuro utilizzatore.
I test di usabilità quantitativi si sono sviluppati in un secondo momento per raggiungere più persone con uno strumento che ne permetta la comparazione. Sono attività erogate nella maggior parte delle situazioni da remoto, attraverso l’invio di un link, che prevede che le attività vengano svolte in differita dai partecipanti.
Definire a monte se uno strumento è migliore di un altro porterebbe a conclusioni parziali. Al centro del nostro approccio ci sono sempre le persone, con le loro specifiche esigenze. Il nostro obiettivo è mettere in campo di volta in volta gli strumenti capaci di offrire le risposte di cui l’azienda ha bisogno.
In generale, possiamo dire che i test quantitativi hanno generalmente un costo più basso rispetto ai test di natura qualitativa e offrono la possibilità di applicare statistiche, ma raggiungono livelli di profondità minimi. Nella maggior parte dei casi rispondono solo alla domanda “cosa succede”, senza offrire informazioni sul “perché”.
I test quantitativi hanno il vantaggio di permettere una comparazione oggettiva. Tale approccio può essere utile nel momento in cui grandi realtà hanno bisogno di comparare l’usabilità di prodotti digitali per comprendere macro differenze in culture molto diverse tra loro, in tempi ridotti. In tutti gli altri casi, ci sentiamo di suggerire un utilizzo dei test di usabilità in modalità qualitativa, così da ottenere informazioni di qualità superiore e valorizzare le caratteristiche di indagine di uno strumento per com’è stato concepito.