Oramai è indubbio, in una maniera o nell’altra tutti noi veniamo quotidianamente invasi e circondati da messaggi di comunicazione. Informazioni dal contenuto più o meno esplicito, e in alcuni casi allusivo, sono diventati parte costante della nostra giornata. I media non sono più quelli di 10 anni fa e, come è giusto che sia, gli strumenti di comunicazione sono cambiati di pari passo. Stiamo assistendo inconsciamente ad un continuo cambiamento della percezione delle pubblicità e dei loro messaggi.
Se fino a qualche tempo fa il ruolo della carta era predominante nell’industria della pubblicità a dispetto del web, dal 2012 i ruoli hanno iniziato ad invertirsi. Il Politecnico di Milano (dati de “il Sole 24 ore”) ha condotto una ricerca stabilendo che le quote dei due comparti erano, solo 4 anni fa, ben distinte, con l’advertising sulla stampa che si attestava al 24% e l’Internet advertising che aveva raggiunto il 21% del totale investimenti pubblicitari. Alla fine del 2014 si era arrivati a 2 miliardi per la pubblicità online e a poco meno di 1,2 miliardi per quella su stampa.
Nel 2014 la pubblicità digitale è arrivata a pesare più di quella su stampa
Si nota inoltre come l’affermazione della nuova Internet, incentrata sempre più sui device mobili, sui social network e sui video, ha generato un profondo cambiamento nel mercato dell’advertising, che ora giunge a una svolta decisiva.
Il web ha dei vantaggi, come quelli del video advertising, e presenta anche caratteristiche fino a qualche tempo fa proprie solamente della stampa, prima fra tutte la grande capacità di segmentazione. Da questa consapevolezza deve partire una riflessione e la conseguente sfida sullo sviluppo e sulla divulgazione dei contenuti.
Ad aiutarci in questo processo ci vengono incontro tecniche ormai sdoganate come la psicologia dei colori applicata al brand o la scelta del font più adatto alla comunicazione del concetto studiato o la teoria della Gestalt (corrente psicologica incentrata sui temi della percezione e dell’esperienza). Non possiamo però non considerare che ultimamente la declinazione della comunicazione su differenti supporti porta designer e pubblicitari a dover creare nuovi sistemi, e quindi nuovi stimoli sempre più dinamici per rappresentare un brand e la propria comunicazione a 360°.
Oggi è necessario pensare a nuovi stimoli per rappresentare la comunicazione di un brand a 360°
La percezione della comunicazione, cioè quel processo di reazione agli stimoli interni ed esterni recepiti dai nostri organi, non è così scontata come si può immaginare; ogni singolo soggetto ha un proprio approccio basato su gusti personali, interessi, abitudini, tempi a disposizione e formazione socio-culturale. Se con la comunicazione offline era tendenzialmente o univoca (one-to-one) o molteplice (one-to-many), oggi questa diventa collettiva (many-to-many).
Sono proprio queste caratteristiche appena descritte che ci portano a definire l’esperienza percettiva, cioè quel processo dato dall’elaborazione di tali dati raccolti che cambia e muta a seconda di chi è il ricevitore del messaggio.
Quindi, quando si progetta una nuova campagna, un nuovo brand o una nuova strategia, quanto descritto fino ad ora deve essere considerato con molta importanza (brand egagement). Il target di riferimento, per quanto possa essere distinto e frammentato, è sempre più evoluto tecnologicamente e propenso all’utilizzo dei new media (canali della comunicazione creati e utilizzati di volta in volta man mano che il processo tecnologico avanza): basti pensare ai Millennials e alla Generazione Z.
Il target di riferimento, per quanto frammentato, è sempre più evoluto tecnologicamente
Vocaboli che un tempo venivano collegati esclusivamente al mondo digital oggigiorno sono diventati di uso comune per l’intero settore della comunicazione. Termini come usabilità, funzionalità, interattività, partecipazione, responsive oramai vengono declinati anche a progetti grafici destinati all’offline.
Prendiamo come esempio il logo, la massima rappresentazione di un brand: questo è tipicamente costituito da un lettering identificativo del nome dell’azienda o di un acronimo e da un simbolo (marchio). Progettare un logo oggi senza tenere in considerazione il design responsivo vorrebbe dire precludere la sua declinazione a determinati device e strumenti. La capacità di adattarsi graficamente in modo automatico al dispositivo coi quali viene visualizzato è fondamentale per permettere ad un brand la declinazione della propria brand identity.
Come il digitale ha influenzato la declinazione della comunicazione e del logo?
Al seguente link notiamo come loghi delle marche più popolari possono essere efficacemente riprodotti in maniera responsive. Semplicemente aprendo il link e ridimensionando il browser vediamo come i loghi si aggiornano dinamicamente in base alle dimensioni dello schermo. Via via che le dimensioni del browser si riducono, ognuno di questi loghi passa attraverso una sequenza di breakpoint dove ad ognuno di questi il logo viene modificato, rimanendo però fedele al marchio originario.
Quando andremo quindi a progettare un nuovo logo adotteremo un approccio mobile-first, iniziando a progettare il logo per un dispositivo mobile, che poi verrà scalato per adattarsi a schermi più grandi. Non andremo più a scalare e rimpicciolire il logo fino a dimensioni quasi illeggibili bensì andremo a sviluppare questo in maniera dinamica in modo da agevolare la lettura anche in condizioni “critiche”.
Per concludere, si, è quindi possibile trovare un sistema per comunicare univocamente ma per far questo bisogna sviluppare i contenuti, grafici, testuali o fotografici/video che siano, in maniera da creare stimoli sensoriali grazie a determinati codici utilizzati durante la fase di progettazione, non solo regole visive ma oggi sempre più anche regole sulla declinazione del messaggio.