Carico cognitivo (cognitive load) è un termine utilizzato in psicologia cognitiva per definire il carico di lavoro mentale necessario per l’esecuzione di un compito in termini di utilizzo di memoria di lavoro (working memory).
Il carico cognitivo è un parametro estremamente utile per la User Experience (UX) nella misura in cui il suo monitoraggio permette di strutturare un’interfaccia il più possibile usabile. In tal senso è utile distinguere tra carico cognitivo intrinseco (Intrinsic Cognitive Load), relativo allo sforzo che l’utente compie per elaborare le informazioni che sta volontariamente ricercando, e carico cognitivo estraneo (Extranous Cognitive Load), legato alla presenza di barriere che ostacolano la User Experience (e.g. immagini poco chiare, font diversi, background inadeguati, broken links).
Una progettazione accurata permette di ridurre il carico cognitivo estraneo consentendo un’elaborazione più semplice ed immediata dell’informazione (Moreno & Mayer, 1999). Al contrario, una progettazione che non tiene conto del carico cognitivo rischia di influenzare negativamente l’esperienza dell’utente. Per non gravare in modo disfunzionale sul carico cognitivo bisogna quindi prestare attenzione al delicato equilibrio che sussiste tra complessità dell’informazione ed usabilità dell’interfaccia.
Pensate all’anticipatory design di Netflix ed Amazon: da un lato i suggerimenti sono presentati sulla base delle scelte espresse in precedenza, dall’altro lato viene offerta la possibilità di scoprire le novità tramite una partecipazione attiva dell’utente stesso nel processo di scelta. Tale equilibrio permette di incanalare l’incremento di carico cognitivo legato alla complessità dell’informazione in modo funzionale (intrinseco) e non dispersivo (estraneo).
Oltre alle metodologie soggettive di raccolta dati (interviste, questionari, valutazioni esperte, valutazioni euristiche), TSW si distingue per l’utilizzo di diverse metodologie oggettive di rilevazione dello stato psicofisiologico relativo all’esperienza dell’utente, che utilizza sia qualitativamente che quantitativamente.
La rilevazione della conduttanza cutanea (GSR) permette di valutare l’attivazione pura del sistema nervoso simpatico attraverso il monitoraggio della sudorazione: l’aumento della stessa è direttamente proporzionale all’aumento del carico cognitivo.
Il tracciamento di movimenti oculari (Eye-Tracking) consente di rilevare numerosi parametri direttamente legati al carico cognitivo, tra i quali la dilatazione pupillare (pupil dilation) e l’ammiccamento (eye-blink). Se da un lato il numero di eye-blink diminuisce all’aumentare del carico cognitivo (Holland & Tarlow, 1972; Benedetto et al., 2011; Ledger, 2013), la pupilla tende a dilatarsi proporzionalmente all’aumento del carico cognitivo, per poi diminuire quando il carico eccede il limite delle risorse cognitive disponibili (Beatty, 1982; Granholm et al., 1996).
L’elettroencefalografia (EEG) consente di stimare l’aumento del carico cognitivo attraverso la rilevazione dell’attività delle aree prefrontali e frontali (FIG 1). Klimesch (1999) ha dimostrato che la sincronizzazione delle onde alfa si presenta in condizioni di alert wakefulness, mentre la de-sincronizzazione delle stesse riflette condizioni di attivazione cognitiva nella misura in cui diversi network neuronali iniziano ad oscillare secondo diversi periodi e diverse frequenze.
Più recentemente Stickel et al. (2007) hanno messo in relazione il carico cognitivo con diversi pattern di onde cerebrali: le onde α erano prevalenti nell’affrontare un compito più facile, viceversa le onde β si presentavano come dominanti durante l’esecuzione di un compito più complesso, che richiedeva un maggiore carico cognitivo.
Rappresentazione del posizionamento dei sensori di Emotiv EPOC+ (in dotazione presso TSW) e dell’attivazione dell’area prefrontale (in rosso).
La misurazione oggettiva (quantitativa e qualitativa) del carico cognitivo fornisce un importante aiuto per direzionare in modo più preciso l’analisi delle barriere di usabilità e valutare in modo più immediato il grado di coinvolgimento emotivo e di sforzo cognitivo dell’utente rispetto al contenuto proposto. L’interpretazione del dato psicofisiologico, riflettendo in modo più diretto l’esperienza, permette di strutturare un’interfaccia più funzionale e scorrevole, bilanciata e complessa nello stesso tempo.
Bibliografia