Il Neuromarketing è una materia interdisciplinare che fonde il marketing tradizionale (economia) con le neuroscienze (medicina) e la psicologia (scienze comportamentali), e ha l’obiettivo di illustrare ciò che accade a livello fisiologico nel cervello delle persone in risposta a degli stimoli relativi (prodotti e packaging, pagine e servizi web, brand, pubblicità o esperienze retail), per analizzare e definire le strategie migliori che portano al comportamento d’acquisto.
Il neuromarketing, infatti, studia come si comporta il cervello durante precisi compiti che coinvolgono i processi di decision making. La stessa composizione del nome neuromarketing evidenzia la rilevanza del sistema nervoso centrale, in particolar modo delle zone cerebrali attive durante i processi decisionali ed è stato approfondito dal Professor Ale Smidts, ricercatore presso l’Università di Rotterdam al Department of Marketing Management.
La psicologia si occupa dello studio di qualsiasi comportamento dell’essere umano che si può sviluppare, e misurare, in differenti dimensioni, a livello fisiologico, a livello di pensieri, di reazioni emotive e a livello di comportamenti osservabili e comportamenti relazionali. Ogni azione è la risultante dell’interazione tra i diversi sistemi cognitivi, emotivi e sociali, alcuni sotto controllo consapevole e altri automatici.
Le recenti scoperte delle neuroscienze dimostrano che nel cervello umano, accanto ai processi controllati razionalmente dal soggetto vi sono i processi automatici, sia cognitivi sia emozionali, e molte scelte coinvolgono proprio questi, di cui spesso non si ha consapevolezza razionale.
Le tecniche di brain imaging evidenziano che nel cervello si possono distinguere tre aree che influenzano in maniera diversa i processi decisionali dell’uomo:
I processi “automatici” sono immediati, occupano diverse zone del cervello e sono più veloci rispetto al ragionamento consapevole-razionale.
La neuroeconomia vuole capire quello che non balza alla consapevole razionalità durante i processi di decision making verso la scelta d’acquisto o l’engagement ad un brand, e per questo scopo si avvale dell’utilizzo di tecniche di visualizzazione dell’attività cerebrale per comprendere cosa effettivamente accada a livello neuro-cognitivo, attraverso:
Il neuromarketing studia il funzionamento della mente a livello sia razionale sia automatico, sia cognitivo che emozionale, in risposta a determinati stimoli con finalità promozionali o pubblicitarie, al fine di determinare il livello di efficacia della comunicazione presa in esame.
Il marketing tradizionale spesso trascura gli importanti processi automatici, come le associazioni implicite e le emozioni, e generalmente si basa sui processi di scelta consapevoli e dichiarabili da parte dei soggetti che li sperimentano, presupposto che le ricerche hanno rivelato essere inesatto.
Il classico esempio del famoso studio guidato dalla dottoressa Gemma Calvert e dal professor Richard Silberstein evidenzia, grazie alle tecniche di neuroimaging, cosa accade nel cervello antico (processi impliciti) delle persone alla visione di alcuni stimoli, e cosa riferiscono (processi controllati) dell’esperienza.
Lo studio riguarda la dimostrazione dell’inefficacia del messaggio avversivo al fumo nei pacchetti di sigarette, grazie agli strumenti di neuroimaging che evidenziano come le etichette dissuasive in realtà stimolavano intensamente un’area del cervello, il nucleus accumbens, detto anche “centro del desiderio”, e quindi non avevano alcun effetto deterrente sul desiderio di fumare, nonostante la maggior parte dei test volontari affermasse che le etichette dissuasive funzionassero.
Nel campo della ricerca pubblicitaria si è osservato come i meccanismi impliciti (o processi a basso coinvolgimento o di scelta automatica) possano intervenire in tutti i processi di interazione con un brand, dalla percezione e memorizzazione fino al comportamento d’acquisto.
La scelta del prodotto-servizio spesso è effettuata sulla base istintiva, quando si accende la lampadina dell’intuizione, quindi impiegando i meccanismi automatici di scelta, senza un particolare coinvolgimento dei processi controllati e razionali.
Quando l’individuo acquisisce informazioni in maniera automatica attraverso i processi impliciti e subconsci senza sforzo all’apprendimento, si parla di apprendimento “implicito”, dove non è utilizzata la memoria di lavoro e i messaggi complessi che richiedono analisi e ragionamento non sono considerati.
Questa memoria implicita automatica si attiva ogni volta che ci interfacciamo a degli stimoli e alle pubblicità, a prescindere dalla consapevolezza che ne abbiamo e di quanta attenzione volontaria dedichiamo.
Inoltre, il brand engagement e le decisioni d’acquisto sono spesso legate a tracce emozionali radicate e automatiche, senza la consapevolezza del consumatore.
I processi neurali automatici e paralleli, cioè a basso coinvolgimento, configurano una comunicazione a scarsa attenzionalità che nel tempo genera delle associazioni e spesso memorizza in maniera automatica e istintiva concetti connessi a queste associazioni. Queste condizionano le scelte implicite delle preferenze personali e dei comportamenti, in relazione con le precedenti tracce emozionali.
Prossimamente entreremo ancor più nel dettaglio di questo affascinante mondo del neuromarketing approfondendone ulteriormente le sfaccettature e i campi di applicazione – proponendovi anche casi di studio.